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«Le guerre in Siria e in Iraq non hanno generato il livello di miseria che c’è in Yemen»

In Yemen «la situazione si degrada più rapidamente della nostra capacità di soddisfare i bisogni fondamentali della popolazione», denuncia il presidente del CICR Peter Maurer. Keystoen/EPA/Yahya Arhab


La morte violenta dell’ex presidente yemenita Ali Abdallah Saleh, pochi giorni dopo l’appello lanciato all’Arabia Saudita, rischia di alimentare la «guerra per procura» tra Riad e Teheran, stando ad alcuni analisti. Altri ritengono invece che possa contribuire a porre fine al conflitto in Yemen, che dura ormai da tre anni. Il presidente del CICR Peter Maurer, dal canto suo, sottolinea che la situazione umanitaria continua a peggiorare.

Questo contenuto è stato pubblicato il 07 dicembre 2017 - 17:30

Sabato scorso, 48 ore prima di essere ucciso dai suoi ex alleati (il movimento ribelle Houthi sostenuto dall’Iran), l’ex presidente Ali Abdallah Saleh si era detto disposto a «voltare pagina» con l’Arabia Saudita, che lo aveva scalzato dopo la rivoluzione del 2012. Un’iniziativa accolta con favore dalla coalizione militare guidata da Riad, impegnata dal 2015 a combattere contro il movimento Houthi e contro lo stesso Saleh per il controllo della regione ovest del paese.

Se il conflitto era in una situazione di stallo da ormai tre anni, dopo la conquista della capitale Sanaa da parte dei ribelli, la svolta annunciata da Ali Abdallah Saleh prefigurava la sconfitta del movimento Houthi. La morte dell’ex presidente spingerà i suoi fedeli ad allearsi a Riad, indebolendo così le milizie Houthi, come sostengono alcuni analisti?

Abile chi può affermarlo, risponde in sostanza Peter Maurer, presidente del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR). «Nella guerra in Yemen le alleanze cambiano continuamente. Ciò rende difficile qualsiasi previsione. Lo Yemen è infatti diviso in zone controllate da forze governative o da gruppi armati, sullo sfondo di dinamiche tribali e religiose che non corrispondono forzatamente alle linee di fronte. Una dinamica che si traduce in combinazioni d’interessi piuttosto complicate».

Peter Maurer nel suo ufficio a Ginevra. swissinfo.ch

La complessità dell’Oriente

Di fatto, i protagonisti della guerra in Yemen sono al contempo locali (forze lealiste, ribelli Houthi, al Qaida in Yemen), regionali (in primo luogo Arabia Saudita e Iran) e globali (soprattutto Stati Uniti e Russia). E ciò non fa che trasformare l’assistenza umanitaria in un vero e proprio rompicapo, sottolinea Peter Maurer.

«Finché non ci sarà una volontà convergente degli attori internazionali, che sostengono attori nazionali e locali, sarà estremamente difficile ottenere risultati sul campo», afferma il presidente del CICR. «Anche per quanto riguarda accordi circostanziali, quotidiani, è molto difficile ottenere un consenso se gli attori locali non si sentono appoggiati dagli attori internazionali, quando si tratta di accettare un compromesso. Ma è vero anche il contrario. Se le grandi potenze mondiali trovano un accordo e cercano di far sedere le diverse parti attorno a un tavolo, non c’è alcuna garanzia di avere un seguito a livello locale».

Di fatto, non c’è una vera e propria volontà politica, afferma Peter Maurer. «Le dichiarazioni a favore di una negoziazione non sono in linea con le politiche portate avanti dagli Stati implicati nel conflitto. Sulla scena internazionale, dicono tutti di voler trovare delle soluzioni politiche, ma al contempo sul campo incoraggiano gli attori a non fare compromessi».

swissinfo.ch

Un paese in ginocchio

Il risultato di questa politica è palpabile: la guerra continua a mietere vittime in tutto il paese, anche se il grado di intensità varia da una regione all’altra. Già poco sviluppato economicamente prima dell’inizio delle ostilità, il paese si trova attualmente sull’orlo dell’asfissia. «Lo Yemen è talmente povero e distrutto dalla guerra che l’insieme dei bisogni di base deve essere coperto: cibo, depurazione delle acque, approvvigionamento di elettricità, carburante, medicamenti. Il paese ha bisogno di tutto», afferma Maurer.

«La grande difficoltà, insiste il presidente del CICR, è che l’economia si è fermata. Gli operatori umanitari, tuttavia, non possono compensare questa assenza. Possono colmare alcune lacune e fornire determinati servizi minimi. Ma se le importazioni, i crediti, la banca nazionale, gli aeroporti e i porti vengono colpiti in modo grave o vengono chiusi, le difficoltà si accumulano in modo preoccupante. Le guerre in Siria e in Iraq non hanno generato un tale livello di miseria».

Una crisi umanitaria acuta

Peter Maurer denuncia in particolare il blocco del paese da parte dell’Arabia Saudita, senza però citarla direttamente. «In linea di principio, le restrizioni alle importazioni sono state tolte. Ma sul campo continuano ad esserci ostacoli. E ciò ci obbliga a svolgere compiti che normalmente non sono di nostra competenza, come il rifornimento di carburante per il funzionamento minimo della rete elettrica che alimenta gli ospedali o la distribuzione di pompe per l’acqua. Siamo di fronte a una situazione di emergenza estremamente acuta in Yemen».

Negli ultimi sei mesi, il CICR ha raddoppiato le operazioni in Yemen, con un budget che da 49 milioni di franchi svizzeri è salito a quasi 100 milioni. «Possiamo agire. Ma la situazione si degrada più rapidamente della nostra capacità di soddisfare i bisogni fondamentali della popolazione», conclude Maurer.

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