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Soldi, il silenzio è d'oro

La maggior parte dei negozi nella Confederazione non accetta la banconota da mille franchi. Keystone / Gaetan Bally

Prudenza e abitudine al risparmio.

Questo contenuto è stato pubblicato il 02 settembre 2023 - 09:00
Serena Tinari

Tutto quello che volevate sapere sulla Svizzera, ma non avete mai osato chiedere. In chiave ironica e sfruttando gli archivi storici della televisione elvetica di servizio pubblico, la serie "Il miracolo svizzero" svela abitudini e manie nazionali. Prodotta dalla Radiotelevisione svizzera di lingua francese (RTS), la serie è stata adattata in italiano ed è disponibile in libero accesso sul sito della Radiotelevisione svizzera di lingua italiana (RSI).

La puntata sul denaro è particolarmente riuscita nella missione di combinare ironia e verità sociologiche. Si chiede la moderatrice e autrice del programma Martina Chyba quale sia il rapporto dell'homo helveticus con il denaro. E soprattutto, come è possibile che la Svizzera continui ad essere un'oasi di benessere finanziario al centro di un continente regolarmente travolto da turbolenze?

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Abitudini e cultura

In Svizzera, è considerato maleducazione fare domande su quanto una persona guadagni. La mancanza di soldi è un tabù, tanto che dover ricorrere al sostegno dei servizi sociali mette molte persone in grande imbarazzo. La discrezione elvetica sulle questioni finanziarie è leggendaria e nella puntata dedicata al tema dalla trasmissione "Il miracolo svizzero", i comici di casa Brigitte Rosset, Vincent Kucholl e Thomas Wiesel, si scatenano. "Non si parla di soldi a tavola, mi dicevano da piccolo" e "Essere ricchi significa avere un appartamento di proprietà e uno chalet. Essere poveri, vivere in affitto e non potersi permettere di affittare uno chalet per le vacanze".

E poi, la prudenza. Siamo un popolo di risparmiatori e risparmiatrici, e fin dall'infanzia si impara a gestire il denaro. Nella puntata dedicata ai soldi, si vedono le immagini d'epoca delle "banche per l'infanzia", sportelli ad hoc ai quali consegnare il salvadanaio. L'iniziativa, un po' giocosa un po' no, fu presentata come un modo per cominciare presto a sapere cosa fare con il denaro.

Gli sportelli per l'infanzia in una banca svizzera negli anni Sessanta. Keystone / Str

Povertà e segreto bancario

Dagli archivi della Radiotelevisione pubblica svizzera di lingua francese (RTS) riemergono filmati in bianco e nero dell'interno domestico di una famiglia povera. Sono gli anni Sessanta e una donna dice al giornalista che a Natale non ci saranno regali. Ma anche la povertà è un tabù in Svizzera, insistono i comici della trasmissione: "L'abbiamo quasi vietata nelle strade e la rendiamo invisibile".

Magnifiche poi le immagini d'archivio dell'alba della società dei consumi. L'arrivo dei saldi, che nell'italiano che si parla in SvizzeraLink esterno si chiamano "azioni", e delle mirabolanti promesse di affari imperdibili, con negozi che cominciano a diventare un luogo di pellegrinaggio per famiglie.

Fino ad arrivare agli anni Novanta, con il trauma nazionale di scoprire che le banche elvetiche avevano discretamente tenuto per sé i fondi depositati da famiglie ebree in fuga dal nazismo. "Il miracolo svizzero" mostra sequenze di programmi televisivi statunitensi nelle quali la Confederazione veniva fatta a pezzi: "ladra", "collaboratrice del nazismo", patria di banche che "hanno fatto l'impossibile per nascondere la verità". Quella che ancora si chiamava SwissairLink esterno, per scusarsi la fece finita con la tradizione di distribuire lingotti di cioccolato a passeggeri e passeggere dei suoi aerei. Meglio cioccolatini anonimi, per certo più discreti.

Feticismi e utopie

Amiamo i nostri soldi, insiste la moderatrice Martina Chyba, portando come esempio il feticismo per le nuove edizioni di monete e banconote del franco svizzero, cui si arriva attraverso partecipatissimi concorsi che diventano eventi pubblici a favore di telecamere.

Talenti grafici a concorso per le nuove banconote svizzere. Keystone / Monika Flueckiger

L'ondata di rivolta giovanile del secolo scorso non ha risparmiato la Confederazione. "Non vogliamo perdere la vita a guadagnarla", uno degli slogan di un movimento che si fece portatore di messaggi che mettevano in discussione tutto quello che la borghesia svizzera considerava normale.

Quando la gioventù svizzera fondò il proprio StatoLink esterno

Un gruppo di giovani intervistato prometteva allora che tutto sarebbe cambiato. "Non esisterà più l'industria" e "la vita comunitaria diventerà la norma". Non è andata proprio così...


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