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Lo sciopero di Dongguan e la ricerca del welfare perduto in Cina

Carta di Laura Canali Limes

Di Giorgio Cuscito (Limes)

Questo contenuto è stato pubblicato il 27 maggio 2014 - 19:00

Nel sud della Cina, a Gaobu (prefettura di Dongguan, regione del Guangdong), migliaia di operaiLink esterno scioperano contro l'azienda Yue YuenLink esterno per il mancato pagamento dell'assicurazione sociale, dei contributi per le spese immobiliari e i contratti di lavoro inadeguati. Secondo China labor watch (Ong statunitense), circa 30 mila persone partecipano alle proteste, che si susseguono da un paio di settimane.

La notizia ha avuto un notevole riverbero in Occidente perché la ditta taiwanese Yue Yuen (valore di mercato pari a 5.59 miliardi di dollari) produce oltre 300 milioni di calzature all'anno per grandi marchi come Nike, Adidas e Reebok. Per ora, l'impatto delle proteste sul business di queste aziende è "miteLink esterno".

Il primo sciopero si è verificato il 5 aprile. I lavoratori hanno nuovamente incrociato le braccia il 14 aprile. Il giorno dopo, il portavoce della Yue Yuen ha annunciato che dal primo maggio introdurrà un nuovo "piano di previdenza socialeLink esterno". Questo non è stato accettato dagli operai, che continuano a scioperare.

Dongguan fa parte della zona economica del Delta del Fiume delle Perle (una delle zone più produttive del paese), situato nel Guangdong. La provincia si trova nel Sud-Est della Cina, al confine con le Regioni ad amministrazione speciale di Hong Kong e Macao. Il GuangdongLink esterno produce circa il 10.9% del pil nazionale e il 28.8% dell'export cinese. Il settore elettronico, petrolifero, chimico e tessile sono i più importanti nell'economia della regione.

Domenica 21 aprile, la protestaLink esterno ha preso piede anche in un'altra fabbrica della Yue Yuen situata nel Jiangxi, a Nord del Guangdong. Gli scioperanti sono circa 2 mila.

Per il momento, il governo cinese non ha rilasciato dichiarazioni. Tuttavia, questi episodi sono motivo di allerta per Pechino, che vede nell'instabilità sociale (legata anche a questioni lavorative) un ostacolo alla crescita della Cina, sua priorità geopolitica.

Il motivo delle proteste

La Yue Yuen ha firmato con gli operai un'assicurazione sociale che copre infortunio, pensione, disoccupazione e maternità. Azienda e impiegati dovrebbero versare ciascuno una parte di contributiLink esterno in proporzione al salario effettivamente percepito. La Yue YuenLink esterno, invece, avrebbe tenuto contoLink esterno della paga minima. Alcuni dipendentiLink esterno, inoltre, affermano che il contratto stipulato con l'azienda non risulta legalmente vincolante. Due fattori complicano la situazione. Il primo è il rischioLink esterno che le imprese del Guangdong delocalizzino le fabbriche in Vietnam, Thailandia e Cambogia per ridurre i costi di produzione. Il secondo riguarda il trasferimento dell'assicurazione sociale da un luogo a un altro, che è ostacolato dalla burocrazia e dalla corruzione. Tutto ciò rappresenta un problema per i colletti blu provenienti dalle campagne. Questi, infatti, non hanno maturato un'assicurazione sociale adeguata; in più, a causa dell'hukou ("registrazione di residenza"), non hanno il sostegno economico dello Stato nella città in cui lavorano.

Il sistema hukou e le condizioni dei lavoratori cinesi

L'hukou divide la popolazione in urbana e rurale, vincolando alcuni diritti sociali (assistenza sanitaria, istruzione, diritto a un alloggio eccetera) al luogo di nascita. Questo meccanismo è stato introdotto nel 1958 dal "Grande timoniere" Mao Zedong. Lo scopo era impedire lo spostamento in massa dei contadini nelle città, che avrebbe danneggiato l'equilibrio sociale ed economico del paese. Dagli anni Ottanta, il governo di Pechino ha allentato i meccanismi per limitare i flussi migratori interni, ma il sistema hukou è rimasto in piedi. Ciò ha generato quella forza lavoro a basso costo che è la colonna portante dell'economia cinese, notoriamente orientata all'export. I lavoratori migranti - cioè privi dell'hukou urbano - sono 250 milioni.

L'unità interna: priorità geopolitica

Questo sistema danneggia la Cina per due motivi. Il primo è che la società cinese sta cambiando. I cittadini, più consapevoli dei propri diritti, pretendono salari più alti e maggiori garanzie sociali. Nel 2011, in Cina gli "incidenti di massaLink esterno" - che comprendono proteste legate al diritto del lavoro, questioni etniche, inquinamento, demolizioni forzate eccetera - sono stati circa 180 mila. Secondo China labour bulletinLink esterno (Ong di Hong Kong) nel primo quadrimestre del 2014 si sono verificate 202 dispute per questioni lavorative, la maggior parte attinenti il settore manifatturiero. Il China labor watch ha affermato che nelle oltre 400 indagini condotte negli ultimi dieci anni nessuna azienda ha soddisfatto tutti i requisiti previsti dalla legge cinese sull'assicurazione sociale.

Il secondo motivo, legato al primo, riguarda l'imminente trasformazione economicaLink esterno della Cina. Negli ultimi tre anni, l'Occidente ha ridotto le importazioni di prodotti made in ChinaLink esterno in parte a causa della crisi economico-finanziaria. Ciò ha danneggiato l'economia del paese, il cui pil è cresciuto nel 2013 del 7.5%, il risultato più basso dal 2011. Per dipendere in misura inferiore dalle esportazioni e continuare a crescere, la Cina ha bisogno di sviluppare un mercato interno. Pechino ha ammesso che il sistema hukou è un ostacolo. A causa dei salari più bassi e delle minori garanzie, i lavoratori migranti sono più propensi al risparmio rispetto a quelli residenti in città. Ciò implica minori consumi. Come anticipato al terzo plenumLink esterno del diciottesimo congresso del Partito comunista cinese (Pcc), il governo intende riformaLink esternore il sistema di registrazione di residenza e attuare un nuovo piano di urbanizzazione entro il 2020. L'obiettivoLink esterno è far aumentare la percentuale di abitanti nelle città dal 53.7% al 60% e quella di lavoratori con hukou urbano dal 36% al 45%. L'abbattimento della registrazione di residenza sarà graduale. Il governo cinese intende "aprire" metodicamente ai lavoratori migranti le città di dimensioni piccole e medie, mantenendo sotto stretto controllo l'accesso all'hukou nelle grandi metropoli. Allo stesso tempo, Pechino prevedeLink esterno di rafforzare i diritti di proprietà degli abitanti delle campagne.

Questi provvedimenti sono indispensabili per perseguire uno degli imperativi geopolitici dell'Impero del Centro: mantenere l'unità dell'heartland cinese. Il cuore politico ed economico del paese va dalla penisola del Liaoning a Hong Kong secondo la direttrice Nord-Sud e comprende città come Pechino, Chengdu, Chongqing, Shanghai e Guangzhou. Qui, la maggioranza della popolazione è di etnia han, la più numerosa del paese. Insieme al controllo di regioni turbolente come Tibet e XinjiangLink esterno, la crescita economica dell'heartland garantisce al Pcc il consenso necessario per restare saldamente alla guida della Cina. Data la rapida estensione delle proteste contro la Yue Yuen dal Guangdong al Jiangxi, Pechino ha una ragione in più per velocizzare il processo di riforme.

Per approfondire: Il plenum del Pcc apre un nuovo capitolo nella Cina che cambiaLink esterno

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