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I cento (e più) giorni di galera del signor Massimo Giuseppe Bossetti, detenuto in attesa di giudizio

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di Massimo Donelli

Questo contenuto è stato pubblicato il 21 ottobre 2014 - 10:38

Dal 16 giugno 2014, Massimo Giuseppe BossettiLink esterno, 44 anni, muratore incensurato di ClusoneLink esterno, sposato e padre di tre figli, è in carcere per un'accusa terribile: quattro anni fa, la sera di venerdì 26 novembre 2010, avrebbe rapito e poi ucciso Yara GambirasioLink esterno, 13 anni, la ragazzina di Brembate di SopraLink esterno il cui cadavere è stato ritrovato sabato 26 febbraio 2011 in un campo nella zona industriale di Chignolo d'IsolaLink esterno.

Tra Clusone, Brembate e Chignolo, tre paesi in provincia di Bergamo, si è dispiegata una tragedia che ha coinvolto emotivamente tutta l'Italia e sconvolto la vita di due famiglie, quella della vittima e quella del presunto assassino.

Due famiglie diversissime: sulla scena mediatica, per esempio, si sono mosse e si muovono in maniera diametralmente opposta. Mentre, infatti, i Gambirasio hanno sposato da subito la via del riserboLink esterno, affrontando con dignità e in silenzio un dolore inimmaginabile, i Bossetti non perdono occasione per proclamareLink esterno sui giornali e in tvLink esterno l'innocenza di Massimo. Il quale, fin qui, ha continuato a respingere ogni accusa, dichiarandosi del tutto estraneo al delitto.

Contro di lui ci sono la prova del DNA (che, peraltro, dovrà essere ripetutaLink esterno) e una serie di indizi tali, secondo Il Sole 24 OreLink esterno, da inchiodarlo: "La presenza del suo telefonino in zona nell'orario del delitto, apparecchio agganciato dall'antenna locale alle 17.45 (telefono poi subito spento fino alla mattina successiva), il riscontro della polvere di calce rinvenuta nei polmoni di Yara, i tondini da cantiere edile rilevati sulla suola delle sue scarpe, consentirebbero ai giudici di merito e poi a quelli di Cassazione (se mai si arriverà fin lì) di emettere una sentenza del tutto inattaccabile".

Parole pesanti. Collocabili a perfezione nel coro colpevolista che, in assenza, fin qui, di prove certe e della confessione da parte dell'indagato, sbandiera ogni brandello comportamentale capace di arricchire il quadro indiziario fra i molti che sono emersi rovistando nella vita privata di Bossetti.

Per esempio, i quotidiani hanno dato grande risalto al menage familiare del muratore.

Prima è stato scritto che Massimo e la moglie, Marita Comi, 40 anni, erano in crisiLink esterno nei giorni a cavallo del delitto, giacchè, pur in presenza di un ricovero ospedaliero della madre di lei, nei tabulati telefonici non risultano chiamate o sms tra i coniugi.

Poi è saltato fuori che Bossetti aveva un'intensa attività voyeuristica sul web: "Ho guardato siti porno con mia moglie, ma mai video sui minori", si sarebbe difeso il presunto assassino. Mentre il GiornaleLink esterno raccontaLink esterno: "(…) la Procura che ha analizzato la cronologia del suo computer ha trovato più volte nei motori di ricerca la parola tredicenne seguita da dettagli a sfondo pornografico. Incalzato con la domanda se avesse mai avuto fantasie riguardo a tredicenni, Bossetti ha aggiunto che "No, mai. Può essere che io e mia moglie abbiamo guardato dei siti porno, tipo Youporn, questo sì. Ma video con minori mai".

Anaffettivo, dunque, e pornomane.

E pure cornuto, secondo il racconto di due testimoni autoproclamatisi amanti di MaritaLink esterno (che nega). Ma, ad un tempo, aspirante adultero, stando alle paroleLink esterno di una bella (così si autodefinisce) quarantenne con la quale Massimo avrebbe fatto il cascamorto.

Anche la vita della madre di Bossetti, Ester Arzuffi, è stata scandagliata minuziosamente. Così è saltato fuori che non solo Massimo e la sorella gemella, Laura LetiziaLink esterno, sono stati concepiti fuori dal matrimonio (l'esame del DNA dice che sono figli del defunto Giuseppe GuerinoniLink esterno, la signora negaLink esterno), ma anche l'altro figlio, Fabio, 39 anni: si ignora, fin qui, il nome del padre biologico di Fabio, sembrerebbe comunque certo che non sia Giovanni BossettiLink esterno, marito di Ester.

Ma né l'aridità sentimentale né i passatempi erotici virtuali di Massimo, così come la vita sessuale di sua madre, hanno il valore di prova. E di prove certe, finora, piaccia o no, non si ha traccia. O meglio: dalle indagini è filtrato di tutto meno che, appunto, certezze capaci di inchiodare il presunto reo.

Colpevole, quindi, o innocente il signor Massimo Giuseppe Bossetti?

Nessuno, oggi, può rispondere.

Come nessuno vuole affrontare un tema spinoso che fa da sfondo all'intera vicenda e ricorda un celebre film di Nanni LoyLink esterno magistralmente interpretato da Alberto SordiLink esterno: Detenuto in attesa di giudizioLink esterno.

Il tema spinoso è questo: si può tenere in galera, senza prove certe, per più di cento giorni un incensurato che si dichiara innocente?

L'inappagata (da quattro anni!) sete di giustizia e la scoperta liberatoria del "mostro" hanno spazzato via, in questo caso, ogni forma di garantismo.

Ma, poiché in Italia, nel campo giudiziario, se ne sono viste di tutti i colori, val la pena di ricordare quanto recita l'articolo 27 della CostituzioneLink esterno, definita da Roberto BenigniLink esterno "la più bella del mondoLink esterno": "La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte".

E la Costituzione, fino a prova del contrario, vale anche per il presunto (fin qui) assassino della povera Yara.

massimo.donelli@usi.chLink esterno

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