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Accordo istituzionale con l'Ue, parlano gli ex

L'accordo quadro fra Svizzera e Unione europea continua a far discutere. E al dibattito adesso si aggiungono anche le voci degli ex consiglieri federali. Un fatto significativo visto che in genere tendono a non esprimersi su questioni di attualità. 

Questo contenuto è stato pubblicato il 18 febbraio 2019 - 08:25
tvsvizzera.it/fra con RSI
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A rompere il ghiaccio è stato Kaspar Villiger, favorevole all'accordo, sebbene non giudicato “ideale”.

Alla sua opinione si aggiunge ora quella di Ruth Dreifuss, che ai microfoni dei colleghi della televisione svizzero tedesca spiega che la Svizzera dovrebbe dire sì.: "Io credo che sia un buon accordo ed è stato negoziato con fatica. Ci sono alcuni punti naturalmente in cui si possono ancora fare progressi per essere sicuri che anche la protezione dei salari sia salvaguardata." E secondo l'ex consigliera federale ed ex sindacalista questo è possibile, a patto di prevedere più ispettori del lavoro e contratti di lavoro generalizzati: "Compiti che si può assumere la Svizzera stessa, da sola".

Persino l'ex consigliere federale Christoph Blocher non è del tutto contrario all'accordo: “Siamo favorevoli a un accordo quadro ma non accettiamo che l'Unione europea decida senza chiedere il parere del popolo – spiega –. E vogliamo semmai un tribunale arbitrale che alla fine decida senza una corte di giustizia europea”.

Per Ruth Metzler, invece, l'accordo è utile non solo per le grandi aziende ma anche per le piccole medie imprese: anche loro hanno infatti bisogno di chiare relazioni con l'UE. “Personalmente sono convinta che dovremmo approvare questo accordo perché ci aiuterebbe a stabilizzare i nostri rapporti con l'UE e a ripristinare la certezza del diritto”, spiega.

Infine, anche per Pascal Couchepin è arrivato il momento di dire sì. Si può sempre rinviare il dossier, spiega l’ex ministro, “ma penso che ormai sia una perdita di tempo e di energie. Forse alcuni dettagli potrebbero ancora essere migliorati ma i negoziati sono finiti”. 

Gli ex consiglieri federali hanno insomma le idee chiare: ora toccherà ai loro partiti e ai loro colleghi in carica prendere una posizione.

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