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Niente più soldi 'europei' per dieci Ong svizzere

Dal primo gennaio 2019, dieci organizzazioni non governative svizzere non hanno più accesso ai finanziamenti dell'Unione Europea. Ragione invocata: le basi giuridiche non sono più sufficienti.

Questo contenuto è stato pubblicato il 04 febbraio 2019 - 21:41
Oliver Washington, SRF
La sezione svizzera di Medici senza Frontiere è una delle Ong che non può più far capo ai finanziamenti europei. Keystone

Posta in arrivo da Bruxelles, ma il messaggio non è piacevole: poco prima di Natale, la Commissione europea ha inviato una lettera a dieci organizzazioni non governative svizzere. La missiva annuncia che in futuro non ci saranno più fondi europei a disposizioni per le Ong elvetiche che forniscono aiuto umanitario nelle regioni di crisi. Ad essere toccate dal provvedimento sono organizzazioni come Caritas, Medici senza Frontiere Svizzera o World Vision. L'anno scorso, i fondi UE sono ammontati ad oltre 50 milioni di euro. Soldi che ora mancheranno, come ha scoperto la Radiotelevisione Svizzera SRF.

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Ogni anno, l'UE spende miliardi per l'aiuto umanitario alle popolazioni che vivono in zone di crisi o colpite da una catastrofe. Anche le Ong svizzere potevano accedere a questo importante finanziamento: dovevano semplicemente accreditarsi presso la Commissione europea a dimostrare di soddisfare determinate condizioni.

Riesaminando la collaborazione, l'UE è però giunta alla conclusione che le basi giuridiche per proseguire questa cooperazione non sono più sufficienti, si legge nella lettera del 21 dicembre. Per questo motivo, dal primo gennaio 2019 le Ong svizzere non possono più bussare alla porta dell'UE per finanziare nuovi progetti.

Felix Gnehm, direttore di Solidar Suisse, ha ricevuto una lettera di questo tipo. "È stato un piccolo choc. Non era del tutto inaspettato, perché sapevamo che l'UE, nel quadro della Brexit, stava esaminando come proseguire la cooperazione con le organizzazioni svizzere. Tuttavia, non ci aspettavamo una risposta così rapida e perentoria".

Decisione anche politica?

La Commissione europea nega che la Brexit abbia influito sulla decisione e si limita a confermare la decisione, presa dopo le necessarie analisi giuridiche. La portavoce della Commissione Mina Andreeva ha inoltre sottolineato che non si tratta di una "punizione" legata ai negoziati sull'accordo quadro istituzionale tra la Svizzera e l'UE, accordo che Berna non sembra intenzionata a firmare.

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Altri documenti in possesso della SRF indicano però che la decisione si iscrive probabilmente in un contesto politico più ampio. All'interno dell'amministrazione dell'UE la scelta di porre fine alla cooperazione non è stata per nulla unanime. Da un lato, la Direzione generale responsabile dell'aiuto umanitario avrebbe voluto continuare la collaborazione. Dall'altro, il servizio giuridico che sta attorno al presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha imposto la posizione dura.  

Il fatto che la decisione potrebbe tuttavia avere un contesto politico più ampio è indicato da altri documenti a disposizione del TSRF. C'è stata una controversia nell'amministrazione dell'UE. Da un lato, la Direzione generale responsabile degli aiuti umanitari: non voleva porre fine alla cooperazione. D'altro canto, il servizio giuridico della Commissione UE, presieduto da Juncker, ha imposto la posizione dura.

Ciò sembra suggerire l'ipotesi di una decisione anche politica e, sulla scia della Brexit, di una rielaborazione, da parte della Commissione europea, della sua cooperazione con la Svizzera.

L'analisi del corrispondente della RSI Nicola Zala:

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