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Vaccino prima ai giovani, un'idea che fa discutere

C'è chi ritiene che chi ha un alto indice RT personale debba essere vaccinato prioritariamente. tvsvizzera

La somministrazione prioritaria del vaccino contro il coronavirus ad anziani e persone con patologie pregresse è la politica adottata dalla maggior parte dei paesi. Ma c'è chi sostiene che vaccinare prima chi è più suscettibile di avere molti contatti con altre persone sia un'idea altrettanto valida, se non migliore. 

Questo contenuto è stato pubblicato il 24 gennaio 2021 - 19:00
Enrico Marra

Alessandro Stefanini, comandante Alitalia in pensione, ha scritto al quotidiano La Repubblica per rendere pubblico il desiderio di cedere la dose di vaccino a una delle sue due figlie trentenni. Il giornale ha pubblicato l’appello, ne è nato un dibattito. Tra critiche ed elogi, su quelle pagine, si sono espressi anche altri anziani con le stesse intenzioni.

Una discussione sul piano etico, nuova, che si aggiunge al pensiero unanime di solidarietà rivolto alle vittime del Covid e all'immagine dei morti, centinaia al giorno solo in Italia, comunemente anziani, soli e isolati fino all'ultimo respiro.

L’etica orienta la scelta politica di avviare la vaccinazione di massa partendo dagli anziani e dalle persone fragili. Tuttavia, il discorso sollevato da Alessandro Stefanini, di poter scegliere di mandare avanti i giovani, trova anche fondamento scientifico.

Il matematico Giovanni Sebastiani dell’Istituto per le applicazioni del calcolo “M.Picone”, organo del Consiglio nazionale delle ricerche, e il virologo Giorgio Palù, professore dell'Università di Padova e presidente dell'Aifa, Agenzia italiana del farmaco, hanno recentemente pubblicato uno studio sul sito ‘Vaccines’ che avvalora la tesi di vaccinare massicciamente anche i vettori di trasmissione del virus, le persone che hanno molti contatti interpersonali. Tecnicamente, persone con un alto indice RT personale.

Modelli matematici

A meno di alcune analisi sui dati di trasmissibilità del virus tra gli studenti, non ci sono ancora dati precisi per individuare e quantificare queste categorie di persone. Non si tratta esclusivamente di giovani, piuttosto sarebbe necessario estendere la ricerca tra le diverse categorie lavorative. Tuttavia, i maggiori vettori di trasmissione del virus difficilmente si troveranno tra gli anziani.

Il modello matematico ideato da Giovanni Sebastiani e Giorgio Palù è stato testato sui dati del Veneto raccolti durante la prima ondata pandemica. Le mutazioni del virus che si sono manifestate nel Regno Unito e recentemente in Brasile, più virulente, hanno peggiorato le attese sul buon fine della campagna vaccinale di massa, riducendo ulteriormente la già ristretta finestra temporale in cui si dovrebbe raggiungere l’immunità di gregge che dovrebbe essere inferiore al periodo di vita degli anticorpi inoculati con il vaccino, riscontrato essere nell'ordine di alcuni mesi.

Fatto salvo il dato di efficacia dei vaccini che aumenterà con la probabile prossima introduzione di nuovi ritrovati, un tale modello matematico che oltre alle necessità etiche di proteggere nell'immediato le persone più esposte al rischio di morte, tenga conto anche della necessità di agire in modo mirato sulla capacità del virus di diffondersi, potrebbe far recuperare tempo alla campagna vaccinale abbassando sensibilmente la percentuale di popolazione da vaccinare per sconfiggere l’infezione. Stimata mediamente attorno al settanta percento.

Sebbene il Governo italiano abbia espresso aperture a questo tipo di analisi, ottenere i dati necessari per progettare un piano vaccinale di questo tipo non è semplice. Da mesi diversi esperti del settore chiedono di avere accesso ai dati, recenti e disaggregati, sull'andamento dei contagi. Informazioni che per ragioni di riservatezza il Ministero della salute non fornisce.

Nel video le interviste a Alessandro Stefanini e Giovanni Sebastini.



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