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L'architettura svizzera degli anni ‘70 e ‘80

Gli edifici costruiti negli anni 1970 e 1980 in diversi luoghi della Svizzera sembrano a volte avulsi dall’ambiente circostante. Si fondono a malapena con i paesaggi delle città o dei villaggi in cui sono stati eretti e hanno uno stile un po’ troppo pesante per brillare di luce propria.

Questo contenuto è stato pubblicato il 24 marzo 2018 - 11:00
Christian Flierl (Immagini), Ester Unterfinger (Redazione fotografica)

Il fotografo Christian FlierlLink esterno si è interessato a quest’epoca architettonica ed è andato alla ricerca degli edifici che l’hanno segnato sin dall’infanzia. Dapprima nel suo ambiente familiare di Basilea, poi sempre più lontano nel nord-est della Svizzera e nelle regioni di frontiera.

Flierl non ama particolarmente questi complessi residenziali o commerciali, con le loro facciate esuberanti di colore marrone o arancione vivo. Costruzioni che esercitano ciononostante un certo fascino. Che cosa si nasconde dietro a questi stabili di cemento esagerati e opulenti? Cosa ci racconta quest’architettura sulle esigenze, i timori e le speranze della gente dell’epoca?

Il decennio del cattivo gusto

La storica dell’arte Ulrike Jehle-Schulte Strathaus e il giornalista ed esperto di scienze socioculturali Roger Ehret hanno affrontato questi interrogativi con l’aiuto delle immagini di Christian Flierl, raccolte nel libro “Völlig losgelöstLink esterno” (Totalmente disconnessi).

I due autori tracciano dei parallelismi tra l’architettura di quel periodo e altri ambiti, ad esempio la moda. «Gli anni 1970 sono spesso considerati come il decennio del pessimo gusto», rammenta la curatrice tedesca Isabella Belting, citata nel libro. Questo spirito del tempo, tra «irritazione del gusto» e «simbiosi geniale», era l'espressione del rapido scombussolamento sociale dell'epoca.

La gente s’interessava a temi quali la distruzione dell’ambiente, la corsa agli armamenti della Guerra fredda o il terrorismo, anche in Svizzera. Tutto ciò si rispecchiava nel lavoro creativo. «La gente di quell’epoca che si sentiva irritata da un tale slancio di modernismo ha tentato di digerire queste influenze rivoluzionarie». Anche l’architettura svizzera - dalle case monofamiliari ai grandi centri postali - ha cercato di liberarsi da rigide direttive e tradizioni.

Progresso tecnologico come punto di attrito

L’estetica degli edifici, situata tra il Neo Brutalismo e l’Espressionismo strutturale, è ingombrante. Il suo linguaggio formale deriva anche dalla fiducia nel progresso tecnologico e industriale. Non è un caso che tale motivo sia diventato dominante a partire dalla fine degli anni 1970: è infatti a quel momento che l’informatizzazione della Svizzera ha iniziato lentamente a diffondersi.

Tale movimento non ha sempre coinvolto l’insieme della popolazione. Secondo Laurent Stalder, professore di storia e di teoria dell’architettura al Politecnico federale di Zurigo, ciò ha a che vedere soltanto parzialmente con l’aspetto degli edifici. «Ciò che viene criticato o apprezzato in queste costruzioni ha molto più a che vedere con gli stili di vita a loro associati». Stalder cita l’esempio degli autogrill: per alcuni erano il simbolo dell’aspirazione dell’epoca alla libertà e all’autodeterminazione. Per altri simboleggiavano invece la distruzione dell’ambiente o un’ideologia di progresso.

Il disdegno della gente

Le fotografie di “Völlig losgelöst” sono presentate in modo chiaro, sebbene siano assai lontane dalle classiche fotografie documentaristiche. Flierl gira attorno ai suoi soggetti e li rappresenta in formato fototessera, esibendo così soltanto una parte dell’insieme.

Il disdegno nei confronti di questo modo di costruire non è nato nelle cerchie di architetti. Proviene invece dalla popolazione, che sapeva con certezza che da ogni nuovo cantiere sarebbe spuntato, una volta di più, qualcosa di orribile.

Non è ancora chiaro cosa succederà a questi edifici. La durata di vita delle strutture in cemento è limitata. Prima o poi apparirà una crepa e gli stabili cederanno il posto ad altri progetti. È quindi una buona cosa poter conservare in immagini il loro stile controverso.

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