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Un po' più di precisione svizzera nella ricerca di mondi lontani

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Fotomontaggio di Cheops in quello che sarà il suo ambiente: il freddo dello spazio e lo splendore della volta celeste. ESA

Un piccolo telescopio per grandi attese. L’Europa metterà in orbita lo svizzero Cheops a fine 2018. Ci permetterà di saperne di più su certi pianeti distanti qualche parsec dalla Terra e che potrebbero ospitare la vita.

Questo contenuto è stato pubblicato il 03 settembre 2017 - 11:00

 “La nostra missione è molto svizzera nel suo approccio. Gli altri telescopi osservano migliaia di stelle per trovare nuovi pianeti. Cheops osserverà una stella alla volta e ci darà con altissima precisione dati sui pianeti più interessanti già identificati”. Così spiega la missione Willy Benz, professore di fisica all’Università di Berna. È lui il responsabile di CheopsLink esterno, telescopio che ha il proprio obiettivo nel suo stesso acronimo inglese (CHaracterising ExOPlanet Satellite), ovvero satellite caratterizzante degli esopianeti.

Spiegazione: gli esopianeti sono quei pianeti che ruotano attorno a delle stelle che non siano il nostro sole. Benché ne supponiamo l’esistenza da sempre, il primo esopianeta è stato formalmente identificato solo nel 1995Link esterno dagli svizzeri Michel Mayor e Didier Quéloz. Da allora ne abbiamo catalogate più di 3600 e non siamo che agli inizi. L’obiettivo ultimo di questa vasta ricerca è quello di trovare tracce di vita altrove nell’universo.

Un anno luce è la distanza percorsa dalla luce (300mila km/secondo) in un anno, ovvero circa 10mila miliardi di chilometri.

Per le piccole distanze si utilizza l’unità astronomica (UA), ovvero la distanza Terra-Sole (150 milioni di chilometri) e per le grandi distanze si utilizza il parsec, una vecchia unità di misura che vale circa 3.2 anni luce.

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Ma vi è però un ‘piccolo’ problema: le stelle della Via Lattea (la nostra galassia) sono tra 100 e 400 miliardi e sono molto ma molto lontane le une dalle altre. Proxima Centauri, la stella più vicina a noi, dista 42 miliardi di chilometri (4.2 anni luce). Sirio, Vega, Rigel, Deneb, Altair e le altre stelle che illuminano il nostro cielo notturno sono a decine di centinaia se non a migliaia di anni luce da noi.

Come possiamo osservare dei pianeti a queste simili distanze, quando anche i più grandi telescopi ci mostrano queste stelle come dei semplici puntini di luce? Eppure è possibile. Tramite due metodi oggi consolidati: quello della velocità radiale e quello dei transiti. Il filmato ci spiega come funziona.

Non si tratta di un ulteriore telescopio

La rilevazione con la velocità radiale si fa dal suolo, connettendo un telescopio a uno spettrometro, una grande macchina che analizza le variazioni della luce delle stelle. I due spettrometri più precisi a nostra disposizione si chiamano Harps e sono svizzeri. L’uno sonda il cielo dell’emisfero sud dal Cile, l’altro dalle Isole Canarie scruta l’emisfero nord. Presto saranno soppiantate da un’altra macchina sempre elvetica: EspressoLink esterno, che permette una precisione dieci volte superiore!

Per osservare i transiti dobbiamo piazzarci nello spazio da dove si vedono nettamente meglio le stelle. Dal 2006 il CNES (Centro nazionale francese di studi spaziali) e l’Agenzia spaziale europea (ESA) hanno lanciato il telescopio spaziale CorotLink esterno, seguito nel 2009 dall’americano KeplerLink esterno. Insieme hanno già identificato più di 3mila nuovi pianeti. E l’estate prossima la NASA lancerà Tess Link esternoche scandaglierà l’insieme del cielo. Ci si può dunque chiedere quale sarà il contributo di Cheops a questa fruttuosa vendemmia passata e futura.

Il telescopio, il pezzo forte del satellite Cheops, è attualmente in fase di collaudo in una “camera pulita” dell’Università di Berna. Questo per preservarlo dal ben che minimo granellino di polvere che potrebbe falsarne le misurazioni. Lo vediamo al centro dell’immagine attraverso il monitor di controllo. swissinfo.ch

Willy Benz lo ripete: “saremo i primi a non fare scoperte. Corot è stato il pioniere. Poi è venuto Kepler, un vero e proprio mostro che ha fatto delle scoperte fantastiche. Ci ha mostrato la diversità straordinaria che esiste tra i pianeti e tra i diversi sistemi planetari. Ciò che vorremmo fare ora con Cheops è andare oltre, caratterizzare i pianeti, sapere di cosa sono fatti, la loro temperatura, se c’è dell’acqua…”

CHEOPS (Characterising ExOPlanet Satellite)

Peso: 280 Kg, di cui 60 del solo telescopio

Diametro della lente: 30 cm (lo stesso di Corot, Kepler raggiunge il metro e la lente di Tess è 4x10 cm)

Orbita: polare. A 700 chilometri dalla terra, Cheops ruoterà da un polo all’altro e sorvolerà la linea di separazione del giorno con la notte, allo scopo di osservare sempre la parte scura del cielo dando le spalle al Sole.

Lancio: previsto alla fine del 2018 dalla base di Kourou in Guinea, con un razzo Soyuz. Cheops sarà il passeggero di un lancio dedicato principalmente a un satellite dell’italiana COSMO-SkyMedLink esterno che sorveglierà la Terra e in modo particolare il bacino mediterraneo. Visto che i lanci nell’orbita polare non sono frequenti, gli svizzeri devono ancora attendere 18 mesi per volare.

Prezzo: circa 100 milioni di euro dei quali 50 sono a carico dell’ESA, 33 della Svizzera e i restanti 17 milioni di euro saranno ripartiti tra gli altri 10 paesi (non in parti uguali).

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La sfida di questa missione sarà quella di scegliere i pianeti più interessanti, quelli che i fisici chiamano “VIPs, ovvero Very Important Planets”. Ci sono ovviamente dei bersagli già identificati ma ci saranno anche tutti quei pianeti che saranno scoperti da Tess che sarà lanciato sei mesi prima di Cheops. Per questo motivo il centro operativo della missione, che sarà a Ginevra, invierà settimanalmente al telescopio il programma attualizzato delle stelle da osservare.

“Contrariamente agli altri, osserveremo una stella alla volta, precisa ancora Willy Benz. E visto che sappiamo quando ci sarà il loro transito, non avremo bisogno di restare troppo a lungo su ognuno dei pianeti. Potremo così ottimizzare al meglio la sequenza delle osservazioni”.

Una prima nella storia

Tutto ciò è molto ingegnoso. Ed è valso a Cheops il titolo di prima “piccola” missione dell’ESA (meno di 50 milioni di euro), superando 25 concorrenti. “Abbiamo vinto perché eravamo i migliori, scherza Willy Benz. Seriamente, quando è uscito il concorso nella primavera 2012, con una scadenza di tre mesi, avevamo già a disposizione uno studio di fattibilità, frutto di 18 mesi di lavoro finanziato dalla Segreteria di stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione. Eravamo dunque pronti”.

La Svizzera sapeva anche che, sebbene classificata come “piccola” dall’ESA, questa missione era troppo importante per la sola Confederazione. Ma l’Agenzia spaziale serve giustamente per rendere possibile qualcosa che da soli non si può fare. Alla fine il consorzio di Cheops raggruppa 11 stati.

La scelta di una missione dedicata agli esopianeti si è imposta da sola considerato anche il fatto che questo ambito dell’astrofisica ha conosciuto un boom negli ultimi due decenni. “Si sta costruendo un telescopio di 40 metri di diametro in Cile e se cerchiamo delle giustificazioni scientifiche per investire un miliardo di euro in una tale macchina, troviamo in testa gli esopianeti”, ricorda Willy Benz.

“La vita nell’universo è una delle questioni fondamentali della scienza e per questo motivo i nostri ambiti di ricerca conoscono questa sorta di accelerazione. Perché per la prima volta nella storia dell’umanità abbiamo la tecnologia necessaria per rispondere a questa domanda”, spiega colui che è anche il direttore del Programma di ricerca nazionale PlanetSLink esterno, dedicata a sostenere e sviluppare la ricerca sugli esopianeti in Svizzera, laddove cioè è nata.


L’immaginazione dei bambini nello spazio

“Il nostro ruolo non è solo quello di insegnare agli studenti, ma è anche quello di risvegliare delle vocazioni”, aggiungere il professor Willy Benz. Per Cheops, che tocca un ambito affascinante (E.T e altri alieni) troviamo di tutto sul sito internet, dal telescopio da colorare per i più piccoli al programma da scaricare per creare un modello di satellite per le stampate 3D.

Cheops ha pure lanciato un appello ai bambini di inviare dei disegni da spedire nello spazio. Ne sono arrivati alla direzione della missione più di 8mila, da tutta Europa. Ne sono stati estratti a sorte 3mila, tutti visibili sul sito. Ogni disegno scelto sarà poi ridotto a un solo millimetro e inciso su una delle placche della “carrozzeria” del telescopio.

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Uno dei disegni che volerà con Cheops. cheops.unibe.ch

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