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Xenofobo sarai tu

Keystone

di Gino Ceschina

Questo contenuto è stato pubblicato il 19 febbraio 2014 - 18:06

Diego Benaglio, Michael Lang, Fabian Schär, Steve Von Bergen, Reto Ziegler, Blerim Dzemaili, Gökan Inler, Tranquillo Barnetta, Granit Xhaka, Pajtim Kasami, Haris Seferovic.

È l'11 titolare dell'ultima partita giocata dalla nazionale svizzera di calcio lo scorso 15 novembre contro la Corea del sud (per la cronaca: ha vinto la Corea 2 a 1). È questa la nazionale di un paese isolazionista o xenofobo?

La domanda è chiaramente retorica. La Svizzera non può essere isolazionista e xenofoba. Negherebbe se stessa, la sua storia, le sue conquiste, le sue quattro lingue, e un benessere ottenuto anche grazie ai lavoratori stranieri.

Come leggere allora la votazione di oggi? Attaccandoci alle certezze, ovvero ai dati.

Camminando per strada, in una cittadina svizzera di medie dimensioni, una persona su quattro tra quelle che si incontrano, non è cittadina svizzera. In una grande città la percentuale aumenta fino ad arrivare (ed in alcuni casi, come Ginevra, superare) quota uno su tre.

I cittadini svizzeri hanno deciso oggi che il 22.6% di stranieri è troppo, che va posto un limite. Viene da chiedersi come avrebbero votato altri paesi europei sullo stesso tema se avessero potuto farlo. Ma attenzione: alle stesse condizioni, e quindi avendo un tasso di stranieri paragonabile.

In Europa solo il Lussemburgo (caso decisamente particolare) ha un tasso di cittadini stranieri più alto della Confederazione. Nel 2010 il tasso medio nei paesi dell'U.E. era del 6.5%. Fra i paesi confinanti l'Italia aveva il 7% di stranieri, la Francia il 5.8%, la Germania l'8.7%.

Ma c'è un secondo dato che deve far riflettere. L'iniziativa contro l'immigrazione è stata respinta in tutti i cantoni che contano più stranieri: Ginevra, Basilea città, Vaud, Zugo e Zurigo. Unica eccezione: il Ticino, che conta il 26.5% di stranieri più 60'000 frontalieri, e dove il dumping salariale e la disoccupazione si sentono più che altrove.

Non è stato, dunque, un voto di reazione, di insofferenza. Non è paura degli stranieri. Come il Lussemburgo, la Svizzera, ha bisogno degli stranieri, nel calcio come nell'economia. E gli svizzeri, questo lo sanno benissimo.

Più probabilmente a giocare un ruolo fondamentale, nell'era dei migranti e della crisi economica, è stata un'altra paura, quella di perdere la propria identità. Una paura che può essere, a seconda dei punti di vista, giustificata, comprensibile, miope o irrazionale. Giudicate voi.

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