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Le tensioni sul fronte rifugiati mettono l’Europa a dura prova

Dei rifugiati in attesa di essere registrati in un centro sull'isola greca di Chios. Keystone

L’Unione Europea rischia l’implosione se gli Stati membri non si metteranno d’accordo su come gestire il flusso di rifugiati provenienti dai paesi in guerra. È l’avvertimento espresso a Davos nell’ambito del Forum economico mondiale.

Questo contenuto è stato pubblicato il 21 gennaio 2016 - 17:18
Matthew Allen, Davos, swissinfo.ch

Attualmente circa 60 milioni di persone nel mondo hanno dovuto abbandonare le loro case a causa di guerre, violenze e persecuzioni. Una cifra record, stando all’Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite. Circa 20 milioni hanno cercato rifugio all’estero. Più di un milione ha raggiunto l’Europa l’anno scorso.

L’Europa non è però riuscita a far fronte a questo rapido afflusso di rifugiati. Molti Stati membri hanno di fatto rimesso in causa i principi degli accordi di Schengen e Dublino, applicando politiche divergenti, è stato fatto notare durante il Forum economico mondiale di Davos.

«Nessun altro problema ha diviso e messo a repentaglio l’Unione Europea quanto la questione rifugiati», ha sottolineato mercoledì il presidente tedesco Joachim Gauck.

Lo stesso giorno, l’Austria ha indicato di voler introdurre quote massime di rifugiati, mentre la Macedonia ha chiuso temporaneamente la frontiera con la Grecia. La Germania è dal canto suo invischiata in un intenso dibattito politico e sociale sulla politica dei rifugiati, esacerbato dalle recenti vicende di aggressioni sessuali perpetrate da stranieri.

La cancelliera tedesca Angela Merkel ha del resto deciso di annullare la prevista visita a Davos proprio per far fronte a questo problema.

Joachim Gauck ha precisato che anche la Germania sta seriamente prendendo in considerazione l’ipotesi di introdurre quote di rifugiati. Se questo provvedimento dovesse essere adottato, non dovrebbe essere visto come «una reazione istintiva, bensì come un elemento di una politica di governo responsabile», che risponde alle aspettative della popolazione, ha aggiunto.

«Una strategia di limitazione può essere necessaria da un punto di vista etico e politico per preservare le capacità di uno Stato di funzionare».

Gauck ha anche sottolineato la necessità di aumentare gli investimenti da parte dell’UE nei paesi frontalieri con la Siria, al fine di migliorare le condizioni di vita dei rifugiati che vivono in questi Stati.

Gioco dello scarica barile

Le divisioni sono apparse anche durante un dibattito all’Open Forum mercoledì sera.

Il primo ministro serbo Aleksander Vucic ha sottolineato che il suo paese ha accolto un numero record di rifugiati e ha nello stesso tempo accusato non meglio specificati Stati dell’Europa orientale che «non vogliono nessun rifugiato» di essere dei cattivi cittadini europei.

Vucic ha anche respinta l’idea di rafforzare i controlli alla frontiera greca, come ventilato dalla Germania. «Non si può proteggere la frontiera della Grecia. Lo sanno tutti».

Il primo ministro svedese Stefan Löfven ha puntato il dito sulle divergenze tra gli Stati membri dell’UE in materia di accoglienza di rifugiati. «Se tutti avessimo cooperato, l’UE ce l’avrebbe fatta», ha sottolineato.

William Lacy Swing, direttore generale dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni, ha dal canto suo dichiarato che «accogliere un milione di rifugiati in un continente che ha una popolazione di 550 milioni di persone è fattibile. Per riuscirci, però, ci vuole un’unione che funzioni».

In Svizzera il numero di richiedenti l’asilo è pure aumentato, ma non in maniera così esponenziale. Le richieste sono state 39'500, stando a quanto affermato dal segretario di Stato per la migrazione Mario Gattiker in un’intervista al Blick. Nel 2015 erano circa 23'000.

La cifra è però ancora lontana da quella registrata nel 1999, durante la guerra del Kosovo: allora le domande d’asilo furono 47'500. 

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