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Zurigo si arricchì con gli schiavi

Keystone / Dario Lopez-mills

La città di Zurigo ha partecipato finanziariamente alla deportazione di 36'494 africani nel secolo XVIII. Lo ha stabilito una ricerca commissionata dalle autorità del comune svizzero che, dopo i fatti di Minneapolis, ha voluto far luce sul proprio passato.

Questo contenuto è stato pubblicato il 29 settembre 2020 - 21:21
tvsvizzera/ats/spal con RSI (TG del 29.9.2020)

Dal 1727 alla fine di quel secolo, riferisce lo studio condotto da Frank Schubert (Università di Zurigo), la comunità zurighese ha contribuito al commercio di uomini operato da compagnie straniere, soprattutto britanniche. E di queste speculazioni, emerge dall'indagine, si è avvantaggiata indirettamente la locale industria tessile.

In particolare, ha acquistato azioni della South Sea Company, controversa società inglese attiva nella tratta di schiavi che ha deportato 8'636 africani nelle Americhe e trasferito altri 27'858 uomini in catene dalle isole britanniche (Giamaica e Barbados) alle colonie spagnole, per un totale di 36'494 schiavi.

Ma l'apporto delle autorità pubbliche zurighesi alla causa schiavistica nel '700 è andato oltre: esse hanno infatti investito nella banca semi-privata Leu & Co che ha comprato a sua volta obbligazioni del governo danese che sono servite a finanziare la tratta nelle Antille danesi.

Il servizio del TG:

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Una politica che è stata condivisa anche dai privati, soprattutto quelli appartenenti ai ceti della borghesia più abbiente. Emblematico il caso della famiglia Escher, da cui proviene Alfred Escher, uno dei padri della moderna Confederazione.

Gli Escher erano noti al tempo per i loro interessi economici nelle coltivazioni esotiche. A questo scopo gestivano piantagioni di caffè e finanziavano il trasporto marittimo di schiavi.

tvsvizzera.it/spal con RSI (TG del 29.09.2020)

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