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Food Waste: «La Svizzera ha una responsabilità particolare»

Mostrami il tuo frigorifero e ti dirò chi sei: quanti prodotti finiranno nella spazzautura? Thomas Kern/swissinfo.ch

In Svizzera, le iniziative contro lo spreco di cibo non mancano. L’ultimo esempio in ordine di tempo è il lancio di una banca dati online in cui le aziende alimentari possono segnalare i prodotti che intendono donare. Questi progetti sono opportuni, ma non bastano, spiega l’esperto di etica degli alimenti Thomas Gröbly. Intervista.

Questo contenuto è stato pubblicato il 30 novembre 2016 - 16:45
Kathrin Ammann

swissinfo.ch: Ogni anno in Svizzera circa 2,3 milioni di tonnellate di generi alimentari finiscono nella spazzatura. Si tratta di un terzo della produzione alimentare. È forse un segno di decadenza?

Thomas Gröbly è responsabile di un laboratorio etico. Agricoltore, teologo e studioso di etica, insegna in varie scuole universitarie professionali. È stato tra i fondatori di foodwaste.ch e oggi fa parte del suo comitato direttivo. È pure membro del Consiglio della ricerca agronomica, il quale fornisce consulenza all’Ufficio federale dell’agricoltura. zVg

Thomas Gröbly: Sì, sprecare così tanti generi alimentari è uno scandalo, un segno di abbondanza e negligenza. Le derrate alimentari sono qualcosa di particolare poiché senza di esse non possiamo vivere. Non possiamo scambiare semplicemente un pezzo di pane con una bicicletta e nutrirci di telai in acciaio e copertoni. Ciononostante i generi alimentari stanno diventando sempre di più una merce qualunque, che viene persino negoziata in borsa.

swissinfo.ch: La Svizzera ha una responsabilità particolare nello spreco alimentare?

T. G.: Ovvio, visto che importiamo il 50% delle nostre derrate alimentari. Ciò significa che nel mondo occupiamo delle terre che non possono essere utilizzate per l’approvvigionamento locale. Lo spreco alimentare può impedire alla gente di accedere alle terre, all’acqua e al cibo.

Questo spreco continua inoltre a incidere negativamente sull’ambiente, sui terreni, sull’acqua e sul clima. L’agricoltura è responsabile di oltre il 30% dell’impatto ambientale e quindi lo spreco alimentare non fa che aumentare questa pressione. Le più colpite sono solitamente le persone più povere. Dal profilo etico, ciò è riprovevole.

swissinfo.ch: Cosa c’entra l’etica con lo spreco di generi alimentari?

T. G.: L’etica chiede che tutti possano vivere bene. Lo spreco alimentare, però, contraddice ogni regola dell’etica. È l’espressione di un disprezzo per la vita, per il lavoro dei contadini e per la natura, che ci mette a disposizione il cibo. Lo spreco alimentare aumenta inutilmente la pressione sulle persone e sulla natura.

swissinfo.ch: Cosa deve fare la Svizzera?

T. G.: Non si tratta di assumersi la responsabilità per il commercio degli altri. Lo dobbiamo però fare per il nostro. Una soluzione la propone il concetto della sovranità alimentare: ogni regione del pianeta deve avere la possibilità di decidere la propria politica agricola e alimentare. Ad avere la priorità dev’essere un sistema di autoapprovvigionamento socialmente ed ecologicamente sostenibile e privo di qualsiasi ripiegamento nazionalista. La sovranità alimentare è quindi più importante del commercio internazionale. La Svizzera non potrà però mai essere autosufficiente al 100%, a meno di rinunciare al consumo di carne. Non potremo quindi sottrarci dal porci questa domanda.

I numeri dello spreco

In Svizzera circa 2,3 milioni di tonnellate di derrate alimentari finiscono ogni anno nella spazzatura. Ciò corrisponde a un terzo di tutti gli alimenti oppure al carico di 140’00 camion (che incolonnati coprirebbero la distanza tra Zurigo e Milano). Le economie domestiche e il settore gastronomico sono responsabili di quasi la metà dello spreco.

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swissinfo.ch: Come si situa la Svizzera nel raffronto internazionale?

T. G.: Lo spreco alimentare in Svizzera è paragonabile a quello in altri paesi occidentali. Gran parte dello spreco avviene nelle economie domestiche, ciò che succede anche ad esempio nei paesi vicini. Nei paesi del sud, invece, lo spreco maggiore avviene durante la produzione neii campi e l’immagazzinamento.

swissinfo.ch: Piattaforme online, programmi di sensibilizzazione e associazioni: in Svizzera non sono le istituzioni e gli strumenti a mancare nella lotta allo spreco alimentare…

T. G.: In effetti vengono fatti diversi sforzi. Tuttavia, per gli attivisti è molto difficile raggiungere le economie domestiche e di riflesso fare qualcosa contro questo spreco. Oltre a ciò va rammentato che lo spreco dei generi alimentari è considerato un problema ed è tematizzato soltanto da alcuni anni. Le misure adottate da allora cominciano ad avere un effetto. Bisogna però procedere a nuove indagini per determinare gli eventuali successi.

swissinfo.ch: “Food BridgeLink esterno” è la prima banca dati online in Svizzera per i generi alimentari in eccedenza. Come valuta questo progetto?

T. G.: La novità di “Food Bridge” è di rivolgersi non ai grossisti, bensì alle aziende. Ciò è sicuramente sensato e positivo poiché, come per le economie domestiche, finora è stato difficile raggiungere le aziende produttrici. Ad essere più critici si potrebbe osservare che ancora una volta si interviene per curare i sintomi. Il sito Internet non fa infatti nulla per combattere le cause sistemiche dello spreco alimentare.

swissinfo.ch: Ma chi è che ha il dovere di intervenire? La politica, l’economia, la società o l’individuo?

T. G.: Tutti devono fare qualcosa. Io, in quanto individuo, posso decidere da solo se gettare o meno del cibo. Non si può però attribuire tutta la responsabilità ai consumatori. Come detto, il problema dello spreco alimentare è sistemico: il nostro sistema alimentare, con le lunghe catene di valore aggiunto e gli imperativi di crescita, produce quasi automaticamente delle eccedenze. Per l’azienda si tratta infatti di una possibilità per crescere.

swissinfo.ch: Bisogna quindi accorciare le filiere produttive?

T. G.: Esattamente. Dobbiamo rafforzare i circuiti economici locali e regionali. Chi riceve un cestino di verdure direttamente dal contadino, difficilmente butterà qualcosa. Si instaura un legame con il prodotto e il produttore. Il cibo acquisisce più valore. Si parla in questo caso di agricoltura contrattuale.

swissinfo.ch: Lei è attivo in seno all’associazione foodwaste.ch, una piattaforma di dialogo e d’informazione sul tema dello spreco alimentare. Non si perde mai d’animo?

T. G.: No. Mi baso su quanto affermava la teologa e linguista tedesca Dorothee Sölle, ora defunta. Diceva che non voleva concedersi il lusso della disperazione. Per me, il successo non è un criterio del mio impegno. Altrimenti sì, mi scoraggerei. Bisogna insistere, non posso fare altrimenti.

swissinfo.ch: Quali sono i suoi auspici per il futuro per ciò che concerne l’atteggiamento dell’economia, della politica e della società svizzera nei confronti degli alimenti?

T. G.: Mi auguro che tutti siano maggiormente consapevoli e rispettosi dei generi alimentari. Il mio obiettivo è un sistema alimentare senza “violenza”. Penso ad esempio anche a un rapporto più curato con le piante, gli animali, il terreno e l’acqua.

Tre iniziative sul cibo

Nel giro di appena due anni, in Svizzera sono state depositate tre iniziative popolari concernenti l’alimentazione.

Un’iniziativa intende applicare il principio della sovranità alimentareLink esterno. Lanciata da un sindacato agricolo, chiede la promozione di un’agricoltura contadina indigena che preservi le risorse naturali. Chiede anche la fissazione di prezzi equi e il divieto di utilizzare organismi geneticamente modificati.

Depositata dai Verdi svizzeri, l’iniziativa “Per alimenti equiLink esterno” chiede invece che i criteri per la protezione dell’ambiente e degli animali siano applicati anche ai prodotti importati. In questo modo, i promotori vogliono evitare che la produzione industriale di massa giunga sul mercato elvetico.

Infine, l’iniziativa “Per la sicurezza alimentareLink esterno” vuole che la Confederazione rafforzi l’approvvigionamento della popolazione con «derrate alimentari di produzione indigena variata e sostenibile». L’Unione svizzera dei contadini, all’origine del testo, si dice pronta a ritirare l’iniziativa se il parlamento accetterà il controprogetto del governo.

Fonte: ATS

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