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Siria, "nessuna tregua finché ci sono insorti"

L'esercito di Assad, appoggiato dalla Russia, controlla ora l'85% di Aleppo; una disfatta anche per la coalizione a guida USA; l'analisi

Questo contenuto è stato pubblicato il 07 dicembre 2016 - 21:40

In Siria, l'esercito governativo continua la sua avanzata su Aleppo a scapito dei ribelli, molti dei quali hanno deposto le armi. Con l'aiuto della Russia, le truppe del presidente Assad hanno conquistato nella notte di mercoledì altri quartieri e ora controllano l'85% della città.

Nelle ultime ore, di fronte a una situazione umanitaria sempre più drammatica, le forze armate dell'opposizione hanno chiesto una tregua immediata di cinque giorni che servirebbe a far allontanare i civili più bisognosi di cure.

Martedì, tuttavia, il governo siriano aveva fatto sapere che non accetterà un cessate il fuoco finché gli insorti non avranno abbandonato il campo. Mentre Russia e Cina all'Onu si sono opposte a una tregua di una settimana perché, sostengono, i ribelli ne approfitterebbero per riarmarsi.

I successi militari di Bashar al Assad su Aleppo comportano anche la disfatta, almeno su questo fronte, della Coalizione internazionale a guida statunitense che sostiene le forze anti-regime.

Ora che Aleppo sta per essere riconquistata dal governo siriano riappare però anche Israele, che nella notte ha colpito l'aeroporto militare di Damasco.

Il commento di Eugenio Dacrema, ricercatore all'Università di Trento.

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