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Schengen non fa differenza

Controlli sistematici alle frontiere svizzere: "Impossibile" ©Ti-Press

Potenziare i controlli ai valichi italo-svizzeri comporterebbe più costi per uguali risultati su sicurezza e migrazione; possibili conseguenze sul turismo

Questo contenuto è stato pubblicato il 18 febbraio 2016 - 15:40

Francia, Germania, Austria Slovacchia, Cechia, Danimarca, Svezia, Austria: dal Mediterraneo al Mar Baltico, dall'Oceano Atlantico alle Alpi la libera circolazione delle persone non c'è più. Vacilla uno dei pilastri su cui poggia l'idea di un continente unito: per motivi di sicurezzaLink esterno in Francia dopo gli attentati di Parigi, sotto la spinta di centinaia di migliaia di profughiLink esterno negli altri paesi.

Quanto costerebbe all'UE il controllo sistematico dei documenti ©RSI - px

A Bruxelles e in molte altre capitali europee ci si prepara ad attivare la clausolaLink esterno che permetterà, per due anni, di ripristinare i controlli sistematici alle frontiere e, contemporaneamente, di salvare il trattato di Schengen. Costo dell'operazione: tra i cinque e i diciotto miliardi di euro stima la Commissione Europea, fino a 100 miliardi di euro secondo uno studioLink esterno pubblicato dall'autorevole think tank governativo France Strategie.

The Economic Cost of Rolling Back Schengen - di France Strategie (pdf)Link esterno

Con quali conseguenze nella vita quotidiana nella Svizzera e a sud delle Alpi? Beh, stando a quanto ci hanno risposto i nostri interlocutori… Quasi nessuna.

Sicurezza

Il Consiglio federale il 18 dicembre ha fatto sapere di ritenere inopportuno intensificare i controlli alle frontiereLink esterno. Le misure di sorveglianza delle guardie di confine, sia doganali sia, in caso di sospetto, sulle persone, sono sufficienti "perché non cambierebbe nulla" ci spiega il comandante delle guardie di confine (Cgcf) della Regione IV, Mauro Antonini.

Centro di cooperazione

Il Centro di cooperazione di polizia e doganale (CCPD)Link esterno di Chiasso, ricorda il coordinatore svizzero Christophe Cerinotti, opera da prima dell'entrata formale della Svizzera in Schengen e la maggior parte del lavoro poggia su basi legali preesistentiLink esterno in merito allo scambio di informazioni di polizia con l'Italia. In caso di ristabilimento dei controlli alle frontiere interne "poco o nulla cambierebbe per l'attività quotidiana del CCPD".

Migrazione

I controlli sistematici alle frontiere sono già stati reintrodotti in alcuni paesi per far fronte anche alla pressione dei flussi migratori: "In Svizzera – prosegue Antonini – questo tipo di controllo sui rifugiati lo facciamo già".

Caos quotidiano

I frontalieri danesi che ogni giorno si recano a Malmö in Svezia attraversando il ponte sul mare che collega le due città, da quando sono stati introdotti gli accertamenti meticolosi alla frontiera hanno dovuto allungare il proprio viaggio quotidiano di 45 minuti. Nella Svizzera italiana "sarebbe impossibile. Probabilmente – spiega ancora il comandante delle Ggcf - dopo mezz'ora avremmo già la prima levata di scudi".

Problemi di personale

La reintroduzione dei controlli alle frontiere costa oggi, alla Danimarca, 150'000 euro al giorno. In Svizzera il sindacato delle guardie di confine Garanto aveva dichiarato poche settimane fa sul nostro portaleLink esterno che il corpo non sarebbe in grado di controllare i confini se in Svizzera si dovesse fare ritorno ad una situazione precedente all'introduzione dell'accordo di Schengen. Secondo Antonini, se si dovesse decidere per i presidi ad ogni valico come accadeva prima del 2000 (la Confederazione è parte dell'area Schengen dal 2008) "avremmo una necessità di personale sproporzionata rispetto al risultato".

L'economia

Gli autotrasportatori olandesi hanno calcolato che un'ora di coda alla frontiera costerebbe loro 600 milioni di euro all'anno. I controlli sistematici d'identità ad ogni frontiera attraversata avrebbero l'effetto di ostacolare e rallentare il normale flusso delle merci con ripercussioni sulla crescita dell'economia europea. Anche in questo caso in Svizzera non c'è panico: Michele Rossi, delegato per le relazioni esterne a Berna e a Milano per diversi attori economici ticinesi, ci svela che negli ambienti interessati nella Svizzera italiana e nel resto del paese "non è un grande tema perché i provvedimenti non toccano il passaggio delle merci".

Il turismo

France Strategie ha calcolatoLink esterno che la soppressione della libera circolazione nelle migliori delle ipotesi ridurrebbe il turismo di giornata e del fine settimana, rispettivamente del 5 e del 2,5 per cento. Quali rischi corra il settore nella Svizzera italiana, invece, non è chiaro: contattata, Ticino Turismo ha preferito non rispondere.

La prospettiva di maggiori controlli alla frontiera preoccupa però Yang Bin, direttore della China Star di Lugano, tour operator cui fanno capo comitive di turisti asiatici che fanno tappa in Ticino nei loro itinerari europei.

I cinesi, clienti abituali della Swissminiatur ©Ti-Press

"Bisogna sapere che i gruppi di cinesi hanno sempre fretta; visitano Italia, Svizzera e Francia, 3 paesi in 12 giorni", spiega Yang. "Ogni minuto perso è un problema, soprattutto per il Ticino, dove non c'è un'attrazione indispensabile come la Tour Eiffel".

Concretamente, "c'è il rischio di perdere gruppi di passaggio, come successo due anni fa in occasione di un inasprimento alla dogana di Como dei controlli sulle merci acquistate in Svizzera, per il pagamento dell'IVA italiana. Questo ha spinto numerosi tour operator cinesi a cambiare itinerario: anziché raggiungere Venezia da Lucerna via Lugano, passano dall'Austria".

Alessandro Broggini

Hanno collaborato Rino Scarcelli e Jona Mantovan

Questo articolo è anche su www.rsi.ch/newsLink esterno

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