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I marò, il Grande Fratello e l’8 settembre

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di Massimo Donelli

Questo contenuto è stato pubblicato il 05 marzo 2014 - 11:23

Giulia Latorre, 18 anni, primogenita di Massimiliano Latorre, 47 anni, uno dei due marò italiani detenuti in India, ha chiesto di entrare nella casa del Grande FratelloLink esterno, il reality di Canale 5 in onda da lunedì 3 marzo (è la tredicesima edizione dal 2000).

Richiesta respintaLink esterno.

L'ambizione mediatica di Giulia stride, ovviamente, con la tragedia (non solo) mediatica del padre. E, infatti, dai social network le si sono scaricati addosso migliaia di insultiLink esterno. Ma Giulia ha appena 18 anni. E un peccato di vanità glielo si può anche perdonare. Anzi, l'autocandidatura bocciata ha avuto, se non altro, il merito di far riemergere dall'ombra la storia carsica dei marò, snobbati e/o strumentalizzati dai giornalisti e dai politici secondo le convenienze del momento.

Come mai tanta incauta sciatteria nazionale di fronte al dramma di due uomini inviati in missione militare dall'altra parte del mondo?

Un po' di storia, prima di tutto.

A partire dall'agosto 2005, con l'Operazione Mare sicuroLink esterno, l'Italia è in prima linea nell'Oceano indiano contro gli assalti dei pirati somali alle navi mercantili resi celebri dal film Captain PhillipsLink esterno (2013), che racconta il dirottamento, avvenuto il 12 aprile 2009, del cargo Maersk AlabamaLink esterno in rotta da Gibuti verso il Kenya per consegnare aiuti umanitari destinati a Somalia, Ruanda ed Uganda.

Con uno di quei paradossi spesso ricorrenti nella sua lunga storia, l'Italia ha aperto di fatto la strada antipirateria prima all'Unione europea, che nel dicembre 2008 ha varato la Missione AtalantaLink esterno, e poi alla Nato, che sull'onda del caso Maersk Alabama, ha dato il via nell'agosto 2009 all'Operazione Ocean ShieldLink esterno .

Naturale, quindi, che fosse l'Italia a lanciare, nell'agosto 2011, i Nuclei militari di protezione (NMP)Link esterno, ossia piccole unità isolate di soldati imbarcati a bordo dei mercantili italiani per proteggerli dai pirati.

Massimiliano Latorre, capo di prima classe della Marina militare italiana, fuciliere del Battaglione San MarcoLink esterno in servizio alla caserma Carlotto di Brindisi, è appunto, uno dei sei marò imbarcati sulla Enrica LexieLink esterno , petroliera italiana lunga 242 metri con 28 uomini di equipaggio, in navigazione nelle acque del Kerala, stato dell'India sud occidentale, mercoledì 15 febbraio 2012.

Lui e il suo collega Salvatore Girone, 36 anni, sergente della Marina militare italia, fuciliere del Battaglione San Marco, anch'egli in servizio alla caserma Carlotto, sono di guardia sul ponte quando, alle 15, la Enrica Lexie incrocia la St. Antony, una barca lunga 13 metri e 72 centimetri, sulla quale ci sono 11 pescatori.

La ricostruzioneLink esterno di quanto esattamente accade, dalle 15 in poi, è tuttora avvolta nel mistero. In sintesi: i pescatori sono scambiati per pirati; due di loro vengono uccisi; Latorre e Girone sono da 24 mesi detenuti in India con l'accusa di aver sparato a innocui cittadini indiani.

Nessun processo, una gran confusione giuridica.

Ma ben tre ministri degli Esteri italiani, ossia Giulio Maria Terzi di Sant'AgataLink esterno, Mario MontiLink esterno (che prese l'interim dopo le dimissioni di Terzi) e Emma BoninoLink esterno, non sono stati capaci di venire a capo della vicenda.

Ora tocca a Federica MogheriniLink esterno: vedremo se saprà far di meglio.

Nell'attesa di scoprirlo, attorno a Latorre ruota un reality che non ha nulla da invidiare, appunto, al Grande Fratello.

Prima si è fatta viva, chiedendo un aiuto economico al Governo, la seconda moglie Rosalba AnconaLink esterno, da cui Latorre ha avuto tre figli (12 anni, 10 anni e 22 mesi): erano sul punto di separarsi quando lui si è imbarcato sulla Enrica Lexie.

Poi è comparsa la compagna Paola Moschetti, che, assieme a Vanna Ardito, moglie di Girone, è andata al Festival di SanremoLink esterno e subito dopo ha avuto un incontroLink esterno con il premier Matteo Renzi.

Infine, sabato 1 marzo, sui giornali è comparsa Giulia, figlia di Latorre e della prima moglie, Mariella Miccoli. Che ha subito difesoLink esterno la figlia sommersa dalle accuse di protagonismo.

E tra realtà e reality, così, il cerchio si è chiuso.

Resta, sullo sfondo, la figuraccia italiana.

"Marò uguale fascista" è un retaggio sessantottino duro a morire. E questo spiega (si sa, ma non si dice…) la mancata mobilitazione nazionale attorno alla vicenda: non si sono viste lenzuola appese ai balconi, bandiere della pace, manifestazioni per le strade di Roma.

Zero.

Non basta.

I due governi pre-Renzi hanno goduto di una lunga luna di miele mediatica. E, così, per nulla pressati dai giornali, hanno trascurato (si sa, ma non si dice…) il caso marò.

Eppure l'Italia, come abbiamo raccontato, si era mobilitata per prima nella lotta alla pirateria.

Ora, invece, ha buttato tutto, una volta di più, alle ortiche.

Sintesi finale: gira che ti rigira, siamo sempre all'8 settembre 1943Link esterno

Massimo Donelli

massimo.donelli@usi.ch

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