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Collocamenti coatti, "non si può dare una data limite alla sofferenza"

La creazione di un fondo per risarcire le vittime delle misure coercitive a scopo assistenziale praticate in Svizzera fino alla fine del XX secolo è considerata un grande traguardo. Tuttavia, alcuni di coloro che hanno subito una situazione simile dopo il 1981 (data limite stabilita dalla legge per ottenere un indennizzo) hanno l'impressione di essere traditi una seconda volta dallo Stato. Un caso nel servizio del Quotidiano.

Questo contenuto è stato pubblicato il 27 settembre 2019 - 11:59
tvsvizzera.it/Zz con RSI (Quotidiano del 26.09.2019)
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Quando si parla di misure coercitive a scopo assistenziale, si parla di migliaia di bambini strappati alle proprie famiglie dall'amministrazione senza la decisione di un tribunale e collocati in altre famiglie o in istituti. Una pratica che è considerata una delle pagine più buie della storia elvetica. 

Nel 2016, lo Stato ha riconosciuto il proprio errore in modo concreto, instaurando un fondo per risarcire le vittimeLink esterno (si stima che quelle ancora vive siano tra le 15'000 e le 25'000). 


Hanno diritto all'indennizzo le persone che hanno subito un collocamento amministrativo prima del 1981, anno in cui sono entrate in vigore le nuove disposizioni del Codice civile sulla privazione della libertà a scopo d’assistenza, in adempimento della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo.

Tuttavia, in alcuni casi questa pratica è proseguita ben oltre. La donna incontrata dalla Radiotelevisione svizzera è stata vittima di una situazione analoga. Allontanata amministrativamente da una madre problematica è stata affidata a una famiglia dove è stata vittima di abusi. Ma non ha diritto all'indennizzo poiché i fatti risalgono agli anni '90. 
"È come essere traditi una seconda volta dallo Stato", racconta. 

Alcuni parlamentari, tramite delle mozioni, stanno tentando di far sì che anche questa "seconda generazione" di vittime venga considerata beneficiaria del fondo. 

Ma la data limite non è l'unico problema di quest'ultimo. Si avevano infatti 12 mesi di tempo per presentare domanda di risarcimento. Questo ha fatto sì che molti non ne sono venuti a conoscenza, se non troppo tardi, e buona parte del fondo non è stato ancora utilizzato. 

Un'altra situazione paradossale ha riguardato alcune persone che invece hanno ottenuto l'indennizzo, ma si sono poi viste tagliare le prestazioni sociali che già ricevevano.  


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