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Cala il sipario sul Forum di Davos

La giovanissima militante ecologista Greta Thunberg manifesta a Davos. Keystone


Questo contenuto è stato pubblicato il 25 gennaio 2019 - 21:39
tvsvizzera/ats/spal con RSI (Tg del 25.1.2019)

È tempo di bilanci a Davos dove oggi si è chiuso il Forum economico (Wef) che, come ogni anno, vede la partecipazione di numerosi leader mondiali, anche se a dire la verità quest’anno si sono registrate importanti defezioni (Trump, Macron su tutti).

Alla fine il momento forse più significativo del vertice è stato l’intervento di Greta Thunberg, la sedicenne svedese che ha perorato con forza la causa del clima: occorre agire immediatamente “come se la vostra casa stesse bruciando”, ha detto nel giorno conclusivo del Wef la giovanissima attivista scandinava. “Voglio che andiate in panico, per sentire la paura che provo ogni giorno", ha aggiunto Greta Thunberg, che ogni venerdì manifesta davanti al parlamento svedese per sensibilizzare i politici locali.

Edizione sottotono

Secondo alcuni osservatori il vertice internazionale sulle Alpi retiche è stata un’edizione sottotono, viste le importanti assenze, ma questa circostanza ha consentito a far emergere i temi cari del Forum, vale a dire quelli della crescita economica e dello sviluppo tecnologico compatibili con il quadro ambientale e sociale mondiale.

Per la Confederazione, che ha inaugurato la House of Switzerland per agevolare i colloqui bilaterali, è stata l’occasione di incontrare diversi interlocutori con cui sviluppare rapporti di fiducia. A Davos, ha detto in proposito il ministro degli Affari esteri (DFAE) Ignazio Cassis, si possono "tenere colloqui, dai colloqui nasce reciproca fiducia e la fiducia consente di attuare progetti comuni”.

Antagonismo Svizzera-Ue

Sullo sfondo degli incontri avuti in particolare con i rappresentanti europei si è ovviamente stagliato il controverso accordo istituzionale quadro negoziato recentemente tra le delegazioni di Berna e Bruxelles e apparentemente non sembra che si siano fatti passi in avanti. Anzi, le parole di Jean-Claude Juncker, che in un’intervista invitava la Confederazione a firmare “senza indugi” l’intesa, sono state lette come un’indebita imposizione dalla controparte elvetica.

Su questo argomento il titolare ticinese del DFAE ha sottolineato che regna una certa confusione dovuta più che altro, secondo lui, a un “problema di vocabolario”: "Quando l'Ue dice che i negoziati sono conclusi, non significa che non ci parleremo più. Certo che lo faremo (...), il dibattito si farà tuttavia sul piano politico. Non ci saranno più negoziati nel senso che non sarà più inviata nessuna équipe a trattare

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