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L'esercito iracheno è entrato a Mosul

Considerata la capitale dell'Isis in Iraq, è in mano ai jihadisti da oltre due anni; per liberarla ci vorranno settimane, forse mesi

Questo contenuto è stato pubblicato il 01 novembre 2016 - 21:58

L'esercito iracheno ha raggiunto martedì un importante traguardo: i militari sono finalmente entrati a Mosul, considerata la capitale dell'autoproclamato Stato islamico in Iraq, in mano ai jihadisti da oltre due anni.

La battaglia tuttavia non è finita, anzi entra ora nel vivo e potrebbe durare a lungo. Si combatte alla periferia orientale della città, e c'è grande preoccupazione per la sorte dei civili.

È nella fitta caligine di sabbia e petrolio bruciato che l'esercito iracheno entra per la prima volta a Mosul. Le strade della periferia sono deserte, il silenzio è rotto solo da raffiche di fucile.

Dopo aspri combattimenti i corpi speciali dell'anti-terrorismo iracheno sono riusciti a farsi strada e conquistare il primo quartiere della Città, dove sorge la torre della televisione locale, all'ingresso orientale.

Un giorno storico, i primi scontri nell'area urbana e la prima conquista di un edificio importante, dopo 16 giorni di operazioni nei villaggi circostanti.

Ma la vera battaglia, la più difficile e delicata, inizierà solo ora: procedere verso il centro di Mosul, a un paio di chilometri, quartiere dopo quartiere, strada dopo strada, corpo a corpo.

"Arrendetevi o morirete", minaccia il premier iracheno el Abadi, che dice: "taglieremo presto la testa del serpente".

Per liberare la città, in realtà, ci vorranno settimane, forse mesi, e si teme una strage. I jihadisti asserragliati sono almeno 5 mila su circa un milione e mezzo di abitanti. Stanarli sarà difficile. Hanno avuto due anni per preparare la difesa. Tunnel sotterranei, trappole, e quel che è peggio, l'uso dei civili come scudi umani.

Un rischio denunciato anche dall'ONU, che oggi loda le operazioni aeree della coalizione guidata dagli Stati Uniti. I bombardamenti alleati, dice la portavoce dell'Alto commissariato per i diritti umani, hanno impedito il rapimento di migliaia di civili dai sobborghi verso la città. Ma intanto chi può continua a fuggire. Ancora oggi centinaia di persone sono riuscite a varcare il fronte.

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