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Vertenza Lago Maggiore, i tempi s'allungano

Risposta interlocutoria dell'Autorità di Bacino del Po alla richiesta del Ticino di partecipare al contestato piano di sperimentazione finalizzato ad aumentare i livelli estivi del Verbano

Questo contenuto è stato pubblicato il 21 settembre 2015 - 17:47

La vertenza italo-svizzera sui livelli del Lago Maggiore sembra destinata a protrarsi a lungo. Alla lettera del Canton Ticino di metà luglio all'Autorità di bacino del Po (il cui presidente del Comitato Istituzionale è il ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti), con cui il direttore del Dipartimento cantonale del Territorio Claudio Zali chiedeva il coinvolgimento nel programma di sperimentazione deciso unilateralmente dall'Italia, ha risposto in modo interlocutorio lo scorso mese il segretario Francesco Puma: l'ente di Parma non è competente ad autorizzare la partecipazione al tavolo tecnico del programma dei rappresentanti di paesi stranieri. Intanto Berna sta preparando una risposta a Roma con cui si vuole sollecitare, oltre al coinvolgimento del Ticino, la riattivazione della commissione italo-svizzera competente per le questioni riguardanti il Lago Maggiore.

Roma però, che nella primavera dello scorso anno aveva bloccato, in seguito alle rimostranze dell'Ufficio federale dell'ambiente elvetico, il precedente piano di sperimentazione - teso ad alzare di mezzo metro (a 1,5 metri sopra lo zero idrometrico) il limite massimo delle acque del Verbano nel periodo estivo – non sembra voler rinunciare al nuovo programma deciso in maggio e che intende perseguire lo stesso obiettivo (progressivo innalzamento del Verbano fino a 1,5 metri in estate nell'arco di un quinquennio) in un lasso di tempo più lungo.

Una strategia sostenuta da agricoltori, produttori di energia e parchi, favorevoli a garantire una riserva idrica al fiume Ticino nei periodi di secca estivi, che non fa però l'unanimità. Una riduzione delle rive del Lago Maggiore pregiudica infatti gli interessi degli operatori turistici sui due lati della frontiera e mette a rischio delicati ambienti naturali come quello delle Bolle di Magadino. Tanto da essere oggetto di interpellanze alle Camere a Roma come quella presentata in luglio dal deputato democratico Enrico Borghi. Intanto però la soluzione di questa intricata vicenda è affidata ai tempi della politica, che a volte non appaiono del tutto coincidenti con quelli del buon senso.

Leonardo Spagnoli

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