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Quell'aula vuota simbolo dell'Italia

Panoramica della Camera dei Deputati durante l'informativa del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, sull'uccisione dell'operatore umanitario Giovanni Lo Porto ANSA

di Massimo Donelli

Questo contenuto è stato pubblicato il 28 aprile 2015 - 10:43

Hai voglia a far l'amicone di Barack ObamaLink esterno, pacche sulle spalle e sorrisi guasconi... Ti piace stare a tavola con Angela MerkelLink esterno, François HollandeLink esterno e David CameronLink esterno dando a intendere che sia un vertice fra pari... Godi, oh se godi, a dileggiare Enrico LettaLink esterno, a tirare un calcio negli stinchi di Romano ProdiLink esterno, a umiliare Pier Luigi BersaniLink esterno...

Poi, però, la realtà ti arriva in faccia.

Ed è una sberla di quelle che fanno male, malissimo.

Perché la realtà è che, lontano da Roma, non conti niente.

Niente.

Meno di zero.

L'India gioca a birilli da tre anni con i tuoi maròLink esterno.

L'Europa se ne fotteLink esterno se stai per essere invaso da un milione di disperati.

Gli Stati Uniti fanno numeri da prestigiatore con il cadavereLink esterno di un volontario italiano (dimenticato dal suo PaeseLink esterno) ucciso per sbaglio.

E tu parli, parli, parli.

Ridi, ridi, ridi.

Insisti nello storytelling più vecchio del mondo: "Tutto va bene madama la marchesaLink esterno".

Ma dopo questo allegro berciare, che cosa resta?

La solita Italia.

Quella che sul piano internazionale conta meno del due di picche a briscolaLink esterno. Quella che si aggrappa disperatamente al settantesimo anniversario del 25 aprile 1945Link esterno ma non è stata ancora capace di regolare davvero i conti con la Storia. Quella che le chiedono rigore e risponde aumentando la pressione fiscaleLink esterno su lavoratori dipendenti e pensionati, gli unici impossibilitati a non pagare le tasse. Tutti gli altri, indisturbati, continuano a evadereLink esterno.

Non basta.

Usi anglicismiLink esterno (jobs actLink esterno, local taxLink esterno, spending reviewLink esterno) per nascondere le magagne. Smanazzi su TwitterLink esterno per tirartela da leader moderno. Lasci al tuo staff le patate bollentiLink esterno e ci metti la faccia solo quando il mare è liscio e il vento soffia nella vela.

Sì, certo, tutti dicono che non ci sono alternative, che se non altro ti dai da fare, che quantomeno hai tolto di mezzo i vecchi barbogi del postcomunismo. Ma tra l'essere il meglio e l'essere il meno peggio corre una gran differenza. E in un Paese che si è tolto la camicia neraLink esterno negando di averla mai indossata; ha votato DcLink esterno per una vita ma di nascosto; si è affidato a Silvio BerlusconiLink esterno più e più volte e ora lo sputazza; beh, in un Paese così occhio, perché tra le stelle e le stalle la distanza è breve.

Dice: che fai, gufi?

Per carità!

Il fatto è che al QuirinaleLink esterno non c'è più Giorgio NapolitanoLink esterno, il lord protettoreLink esterno capace di temperare le esuberanze del jeune florentin e di contenere i flutti del dissenso. E la differenza si vede.

Si è vista, benissimo, giovedì 24 aprile alla Camera dei deputati, dove nelle balconate del pubblico sedeva una scolaresca.

Solo al banco del governo, Paolo GentiloniLink esterno, il ministro degli Esteri, ha riferito sul caso doloroso di Giovanni Lo PortoLink esterno, prigioniero del terrorismo islamico, ucciso per sbaglio dal razzo di un drone degli Stati Uniti d'America. Gentiloni ha riferito a un'aula deserta: appena 40 onorevoli presenti, di cui 16, pareLink esterno, del PdLink esterno, il partito di cui è leader il premier...

Quel vuoto vergognosoLink esterno e indifendibile la dice lunga.

Spiega perché l'Italia non può battere i pugni in Europa; spiega perché l'Italia non può che scodinzolare alla Casa BiancaLink esterno; spiega perché l'Italia non riesce a farsi valere nemmeno con l'India.

Quel vuoto vergognoso anticipa di pochi giorni l'inaugurazione dell'ExpoLink esterno, dopo tante magagne e tanti ritardiLink esterno che espongono il Paese all'ennesima figuraccia.

Matteo RenziLink esterno coglierà senza dubbio l'occasione per gonfiare un'altra volta il petto e somministrare agli italiani l'ennesima insalata di parole (ha già cominciato con un tweetLink esterno trionfalistico alle 7,25 di lunedì 27 aprile).

Ovviamente sfrutterà le photo opportunitiesLink esterno, si farà un selfieLink esterno, lancerà un hashtagLink esterno. E, statene certi, sbucherà in ogni angolo televisivo.

Ma nulla di tutto ciò scalfirà la triste realtà di un Paese che al di là delle Alpi considerano debole, inaffidabile, incomprensibile e, soprattutto, incapace di avere un sussulto d'orgoglio.

Trattandolo di conseguenza...

Che tristezza!

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