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Primo maggio, ricordando un passato glorioso

I sindacati attraversano in Svizzera un momento storico difficile: nel 1960 vi era affiliato un lavoratore su 4, oggi è uno su 10

Questo contenuto è stato pubblicato il 30 aprile 2016 - 20:53

La Giornata dei lavoratori richiamerà domenica a Zurigo migliaia di manifestanti. L'evento è organizzato da una sessantina di organizzazioni e dai sindacati. Sindacati che stanno però attraversando un momento storico difficile.

In passato il 1° maggio era molto sentito. La considerazione per i sindacati estremamente alta. Anche perché non sono mancati i successi. Basti pensare all'introduzione delle 48 ore settimanali di lavoro o alle 4 settimane di vacanza.

Poi è arrivata la globalizzazione, l'individualismo. Tendenze che, stando allo storico Bernard Degen, hanno eroso il valore dei sindacati. "Molte persone credono che i sindacati possano risolvere tutti i loro problemi", spiega. "Si sbagliano. Non basta pagare l'iscrizione, bisogna mostrare un atteggiamento attivo. Altrimenti queste organizzazioni sono destinate a perdere terreno".

Le cifre parlano chiaro. Nel 1960, un lavoratore su 4 era iscritto a un sindacato. Oggi è solo uno su 10. Difendere gli interessi dei lavoratori è diventato dunque più difficile.

A causa dei mercati sempre più astratti e dei risparmi della mano pubblica. Ma anche delle conseguenze del franco forte: lavoro flessibile e licenziamenti. Problemi ai quali i sindacati non sempre hanno saputo rispondere.

"I sindacati hanno dovuto accettare -anche se a malincuore- queste pratiche. I contratti di lavoro -in situazioni di crisi- permettono infatti ai datori di lavoro di adottare simili misure".

Bernard Degen di una cosa è però convinto. I sindacati continueranno ad avere un ruolo significativo nella società.

"Non esistono alternative. Finché ci saranno datori di lavoro e lavoratori, nasceranno sempre dei contrasti. Senza sindacati, questi confronti, rischierebbero di degenerare."

Ad aumentare sarebbe il rischio di scioperi e di proteste violente. Scenari che nessuno si augura, men che meno in occasione della Festa del lavoro.

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