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Perché la Turchia di Erdogan ha cambiato strategia

di Laura Canali

Di Giorgio Cuscito (Limes)

Questo contenuto è stato pubblicato il 29 luglio 2015 - 14:14

In Medio Oriente, la Turchia del presidente Recep Tayyp Erdoğan ha cambiato strategia. Il "sultano" ha scelto di condurre per la prima volta raid aerei in Siria contro i jihadisti dello Stato IslamicoLink esterno (Is). Non solo. Dopo quattro anni, ha deciso anche di colpire nell'Iraq del Nord e sul suolo nazionaleLink esterno gli esponenti del Pkk, l'organizzazione militante per l'autodeterminazione del Kurdistan turco.

In tale contesto Ankara ha permesso alla coalizione anti-Is guidata dagli Usa di servirsi delle basi di Incirlik, Malatya, Diyarbakır e Batman e di entrare nello spazio aereo turco per bombardare l'organizzazione terroristica guidata da Abu Bakr al Baghdadi. Dalla Turchia i caccia possono raggiungere in tempi molto brevi i bersagli jihadisti oltreconfine. Ankara e Washington avrebbero concordatoLink esterno anche la realizzazione di una "zona cuscinetto" a ridosso del confine turco-siriano per tenere lontano i jihadisti.

La Turchia ha poi rafforzato i controlli interni e colpito la rete dell'Is e i militanti del Pkk. Nei giorni scorsi, oltre cinquecento personeLink esterno sono state fermate perché sospettate di essere membri delle due organizzazioni.

Sin qui, la Turchia aveva evitato di partecipare direttamente alla lotta all'Is in Iraq e Siria. Anzi, aveva indirettamente facilitato il rafforzarsi dell'organizzazione di terroristica permettendo ai "combattenti stranieriLink esterno" di attraversare il proprio territorio per entrare in quello siriano e arruolarsi nelle milizie (Stato Islamico compreso) che combattono il regime di Damasco. Per Erdoğan la priorità infatti era agevolare la caduta del regime di Bashar al Asad, che resta suo antagonistaLink esterno.

Il cambio di strategia del presidente turco dipende da diversi fattori. Il primo è il concretizzarsi della minaccia jihadista nei propri confini. L'attentato di SurucLink esterno (città vicina al confine siriano) della settimana scorsa è il primo attentato condotto dall'Is in Turchia. Parte della popolazione ha colto l'occasione per scendere in piazza per manifestare contro il governo, accusato di non fare abbastanza nella lotta al jihadismo, e la politica autoritaria di Erdoğan.

Ora che è in pericolo la sicurezza nazionale, la Turchia potrebbe smettere di essere la porta girevole dei combattenti stranieri provenienti da tutto il mondoLink esterno e diretti in Siria.

Il secondo fattore è legato al timore che i curdi, che in Siria e in Iraq combattono attivamente l'Is, consolidino a tal punto il controllo dell'area al confine con la Turchia, da voler formare qui uno Stato autonomo.

E' importante precisare che, d'accordo con Washington, Ankara ha sinora colpito il Pkk in Iraq, ma non le milizie curde in SiriaLink esterno, proprio per la loro efficacia sul campo di battaglia. La Turchia tuttavia intende sostenere le milizie arabe siriane nella lotta allo Stato Islamico affinché la loro presenza limiti quella dei curdi.

Il Pkk si è scontrato con Ankara per circa trent'anni e nel 2013 i due avevano raggiunto una fragile tregua. Alle ultime elezioni parlamentari, inoltre, il Partito Democratico dei Popoli (Hdp, il partito dei curdi) ha ottenuto il 13% dei voti ed è entrato per la prima volta in parlamento.

Nei giorni scorsi, il Pkk ha risposto ai raid di Ankara conducendo sequestriLink esterno e attentati nell'area sudorientale della Turchia, a maggioranza curdaLink esterno. Insomma la tregua è terminata.

Il terzo fattore è di natura politica. Erdoğan ha assunto una postura aggressiva contro l'Is e il Pkk per sventolare la bandiera del nazionalismo e riguadagnare la fiducia dei turchi e, soprattutto, i loro voti. Alle già menzionate elezioni parlamentari, infatti, il suo Akp ha perso la maggioranza assoluta e il nuovo governo non è ancora stato formato.

L'aumento della tensione con il Pkk e la guerra allo Stato Islamico potrebbero in sostanza consentire a Erdoğan di indire elezioni anticipate - e di vincerle. Tuttavia, danno inizio a una nuova e incerta fase per la politica estera turca e i complicati rapporti con la minoranza curda. Il conflitto dentro e fuori i propri confini con il Pkk potrebbe distogliere Ankara dalla minaccia jihadista.

Per approfondire: Il vero obiettivo della guerra di Erdoğan non è lo Stato IslamicoLink esterno

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