Catalogna, l'aria di secessione non fa bene al turismo
Quasi 24% dei turisti che visitano la Spagna vanno in Catalogna, ma la crisi che sta vivendo la regione mette a dura prova anche questo settore.
Ancora la scorsa estate, a Barcellona ci si lamentava per l'esagerato numero di visitatori, ma dopo gli attentati terroristici e la crisi indipendentista il problema sembra essersi capovolto. Oggi sono gli operatori turistici a lamentarsi.
Se in Spagna i visitatori provenienti dall'estero sono aumentati quest’anno del 2%, non è così per la Catalogna, dove sono calati del 5%. In ottobre, dopo il controverso referendum sull'indipendenza che si è tenuto il primo giorno del mese, i turisti hanno disertato la regione, e così è stato anche in novembre.
Benché le elezioni regionali anticipate scaturite dalla crisi (che si terranno giovedì) non facciano dormire sonni tranquilli tutti, a dicembre il turismo straniero sembra tornato alla normalità.
È però quello interno che fa preoccupare. Durante i ponti del 12 ottobre e del 6 dicembre, periodi nei quali sono gli iberici a dare la spinta al settore, si sono registrati cali del 10-12%.
L'incognita delle elezioni
Ad occupare gli animi della gente in questi concitati mesi c’è stato ben altro che lo shopping, e anche i negozi di Barcellona hanno subito perdite di circa il 5%.
Le elezioni rischiano di non cambiare le cose, anzi. Secondo un sondaggio due catalani su tre ritengono che una secessione non farebbe bene all'economia, ma il 70% ha detto che non terrà conto degli aspetti economici quando andrà a votare.
Raggiungere la stabilità e la calma politica tanto auspicata dagli operatori turistici e dalle grandi aziende potrebbe dunque non essere così scontato.
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