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La Svizzera, una democrazia a doppio binario

La Svizzera è una democrazia molto rispettata, ma lo è diventata a tutti gli effetti soltanto nel 1971, quando gli uomini hanno approvato il suffragio universale. Le persone straniere residenti tuttavia, che equivalgono a un quarto degli 8,6 milioni di abitanti del Paese, non hanno alcun diritto politico sul piano nazionale.

Questo contenuto è stato pubblicato il 07 maggio 2020 - 14:13
Philip Schaufelberger (illustrazione)

In Svizzera, le persone senza passaporto rossocrociato pagano le tasse, versano i contributi previdenziali e per l’assicurazione contro la disoccupazione e con i loro consumi alimentano l’economia interna. Siccome sono privi di diritti politici, in Svizzera un quarto della popolazione è composto tuttavia di cittadini e cittadine di seconda classe.

Tra di essi si annovera anche Paola Palmieri. "Sono nata qui a Basilea nel 1977. Sul mio libretto per stranieri la data di entrata è la mia data di nascita. Ho frequentato la scuola qui ed è in questo luogo che mi sento a casa", afferma Palmieri. A livello politico però può dire la sua soltanto in Italia, Paese d’origine dei genitori. In Svizzera infatti i diritti politici sono legati alla cittadinanza.

Al livello politico appena sottostante le cose sono leggermente diverse: due dei 26 Cantoni della Confederazione – Neuchâtel e Giura – accordano anche alle persone straniere il diritto di voto e di eleggibilità sul piano cantonale.

E sul piano comunale – il terzo livello dello Stato nel sistema federalistico elvetico – sono cinque i Cantoni ad estendere il diritto di voto alle persone straniere. Oltre al Giura e a Neuchâtel si tratta di Friburgo, Vaud e Ginevra. Su questo punto esiste dunque un fossato tra la Romandia e la Svizzera di lingua tedesca.

Perlomeno tre Cantoni della Svizzera germanofona, Appenzello Esterno, Basilea Città e i Grigioni, autorizzano i rispettivi comuni a contemplare il diritto di voto facoltativo per chi è straniero.

Complessivamente, stranieri e straniere possono impegnarsi a livello politico in circa 600 dei 2202 Comuni della Svizzera.

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Sul piano nazionale il diritto di voto per chi non ha il passaporto rossocrociato non ha alcuna possibilità di spuntarla. "Senza passaporto rossocrociato nessuna voce in capitolo": è quanto sostiene la maggioranza di centro-destra. "La cittadinanza svizzera non va concessa alla leggera, ma solo dietro una controprestazione, vale a dire la naturalizzazione", afferma Thomas Burgherr, consigliere nazionale del partito conservatore di destra Unione democratica di centro (UDC).

Per questa ragione i pragmatici si concentrano sul livello comunale. Un loro esponente è Joachim Blatter, professore di scienze politiche all'Università di Lucerna. La Svizzera escluderebbe più gente dal sistema democratico della maggior parte degli altri Paesi europei, afferma, e sostiene il diritto di voto per tutti coloro che risiedono in un Comune da almeno cinque anni.

Joachim Blatter è parte di un nuovo movimento che si manifesta soprattutto nelle aree urbane come Zurigo e Basilea. Il diritto di voto alle persone straniere viene però discusso anche nelle regioni alpine, ad esempio a St. Moritz.

Il Comune aeroportuale di Kloten organizza delle 'Landsgemeinde' aperte a tutti, svizzeri e straniere, cui sono esplicitamente invitati anche gli individuoi che non hanno ancora raggiunto i 18 anni, l’età in cui si acquisisce il diritto di voto.

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