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L'impegno svizzero contro i ladri d'arte

Pala d'altare della cattedrale di Coira, rubata nel 1993 e recuperata in Italia Keystone

Con la firma di un accordo con l'Italia, la settimana scorsa, la Svizzera vuole liberarsi dall'immagine di piattaforma per il commercio di opere d'arte rubate.

Questo contenuto è stato pubblicato il 23 ottobre 2006 - 15:25

L'intesa, la prima di questo genere sottoscritta da Berna, andrà a vantaggio anche della Svizzera, che potrà recuperare più facilmente oggetti rubati sul suo territorio.

La Svizzera intende liberarsi dell'immagine, comunque basata su una inconfutabile realtà, di essere o di essere stata il «rifugio» di opere d'arte rubate. È il messaggio politico portato a Roma da Pascal Couchepin.

«Vogliamo che il mercato dell'arte, che nel nostro paese trova una piattaforma di grande importanza, sia basato su regole corrette e su principi etici», ha infatti dichiarato il ministro della cultura elvetico subito dopo la firma, insieme al suo omologo italiano Francesco Rutelli, del riveduto accordo bilaterale con l'Italia sull'importazione e il rimpatrio di capolavori trafugati, in particolare di quelli archeologici.

Secondo mercato mondiale dell'arte

Si tratta della prima intesa di questo tipo sottoscritta dalla Svizzera, che, per adeguarsi alle disposizioni dell'Unesco, ha varato lo scorso anno una nuova e più restrittiva legge.

Dopo quello di Londra, il mercato svizzero dell'arte occupa il secondo posto al mondo. Una collocazione che, insieme a una legislatura inadeguata, aveva attirato in passato pezzi di valore rubati, trafugati, importati illegalmente: una sorta di deposito e di via di transito per i «ladri d'arte».

«Ora – ci dice il generale Ugo Zottin, comandante dello speciale reparto dei carabinieri per la tutela del patrimonio artistico – la collaborazione tra i nostri paesi potrà avvalersi di un nuovo e prezioso strumento di collaborazione».

La Madonna nell'ufficio del generale

Collaborazione che negli ultimi anni ha già garantito risultati di rilievo. Il generale Zottin, che ha partecipato alla stesura dell'intesa italo-svizzera, ci fa due esempi: quello di ben 3'000 reperti archeologici recuperati nel punto franco di Ginevra, e il magnifico «tondo» (una Madonna con bambino) sistemato provvisoriamente proprio nel suo ufficio, che nel 2002 venne rintracciato a Chiasso, «grazie all'intervento della polizia cantonale ticinese».

L'Italia è uno straordinario e immenso «scrigno» di opere d'arte. Un patrimonio che ha subito saccheggi di vario tipo: da parte dei vari eserciti invasori in passato, e in seguito dei truffatori a cui si rivolgono collezionisti occulti.

«Nella lotta contro questo fenomeno abbiamo registrato parecchi successi», sottolinea il generale Zottin parlando del lavoro dei 300 specialisti ai suoi ordini: i furti sono scesi dagli oltre duemila di inizio decennio ai 1'200 dello scorso anno. Una cifra comunque impressionante.

I ringraziamenti del vescovo

Ma anche il patrimonio artistico elvetico trae vantaggi concreti dall'accordo bilaterale. Nel «caveau» blindato, i carabinieri di questo speciale reparto ci mostrano una pregevole «Natività» rubata in Svizzera, ritrovata nella Penisola, e pronta al rimpatrio.

Mentre sulle schede computerizzate (che formano la più grande banca-dati nel mondo di beni artistici scomparsi) ci mostrano la serie di dipinti restituiti alla cattedrale di Coira: sul muro, una targa di ringraziamento firmata dal vescovo Amedée Grab, presidente della Conferenza episcopale svizzera.

Una sola annotazione critica, cautamente espressa dal generale Zottin, ma comunque di peso: la nuova legge federale non impone a collezionisti e mercanti in terra elvetica di denunciare l'offerta di opere di dubbia provenienza, come inizialmente previsto.

«Una disposizione che avrebbe aumentato l'effetto dissuasivo», dice il nostro interlocutore mentre l'addetto chiude il «caveau» e noi gettiamo un ultimo sguardo al vaso del quarto secolo a.C., gioiello dell'arte ellenica, rubato in Sicilia, e recuperato presso un grande (e inconsapevole) museo privato statunitense.

swissinfo, Aldo Sofia, Roma

Fatti e cifre

Nel 1962 la Svizzera ha ratificato la Convenzione dell'Aia del 1954 per la protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato.
Nell'ottobre del 2003 ha ratificato la Convenzione Unesco del 1970 contro il traffico illecito di beni culturali.
Il 1° giugno 2005 è entrata in vigore la nuova legge svizzera sul trasferimento internazionale di beni culturali, legge approvata dal parlamento nel giugno del 2003.
Il 20 ottobre 2006 Svizzera e Italia hanno firmato un accordo bilaterale sul trasferimento dei beni culturali.

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In breve

La legge sul trasferimento dei beni culturali entrata in vigore il 1° giugno 2005 si fonda sulla Convenzione Unesco del 1970 contro il traffico illecito di beni culturali.

La legge obbliga commercianti e case d'asta ad identificare in modo chiaro la provenienza degli oggetti e l'identità di fornitori e clienti.

I proprietari di beni culturali trafugati illegalmente hanno 30 anni di tempo – e non solo 5 come in precedenza – per esigere la loro restituzione.

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