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"In Cile mi manca la democrazia che c'è in Svizzera"

Nella democrazia diretta, i cittadini hanno maggiori possibilità di vedere le loro idee incluse nell'agenda politica, dice Francisca Espinoza. La studentessa di 17 anni è una delle nuove voci della Quinta Svizzera, che hanno dato vita al Parlamento dei giovani svizzeri all'estero (PGSE). In una serie di interviste, swissinfo.ch dà la parola a 11 membri del comitato.

Questo contenuto è stato pubblicato il 12 febbraio 2016 - 13:55
swissinfo.ch
Secondo Francisca Espinoza, la democrazia rappresentativa non aiuta a promuovere la partecipazione dei giovani al processo decisionale. zvg

swissinfo.ch: Che obiettivi vorrebbe raggiungere come membro del PGSELink esterno, in Svizzera e in Cile, ossia nel Paese in cui risiede?

Francisca Espinoza: Ho 17 anni e sono nata a Santiago del Cile. Frequento il quarto anno di scuola media superiore presso la Trewhela's School. Mi piace giocare a pallavolo e a beach volley, andare in palestra, ballare tutti i generi musicali, fare skateboard, andare con i pattini a rotelle. Amo la natura e godermi la campagna. Ho un parente che vive a Ginevra e cerco di fargli visita il più possibile. Tramite l'Organizzazione degli svizzeri all'estero, ho partecipato a vari campi estivi e invernali e a un corso di tedesco, che mi hanno consentito di vivere esperienze uniche e di conoscere giovani di origini elvetiche che vivono in altri paesi, con i quali mantengono un rapporto di amicizia. Finora non c'è nulla che mi piacerebbe cambiare in Svizzera. La adoro così come è: un paese tollerante, ordinato, in cui si rispettano gli orari e dove c'è una convivenza armoniosa. E, naturalmente, ha paesaggi meravigliosi. swissinfo.ch

Francisca Espinoza: Il mio obiettivo per la Svizzera è che i giovani siano più informati sui paesi in cui viviamo noi e che possano aiutare, nella misura del possibile, dei giovani con problemi sociali che non hanno i mezzi di svilupparsi. Mi piacerebbe anche che i giovani svizzeri uscissero dal paese e condividessero esperienze con i coetanei di origine elvetica che vivono altrove.

In Cile ho come obiettivo che i giovani di origine elvetica siano più informati sulla Svizzera, la sua cultura e il suo stile di vita, che, attraverso diverse attività, condividano esperienze e incontrino altri connazionali. Lo scopo è di unirci tutti per una causa comune – la Svizzera – e di poterci mantenere in contatto tramite piattaforme online.

swissinfo.ch: Qual è la situazione della democrazia diretta in Cile? Ci sono degli strumenti che apprezza in modo particolare? E altri che le mancano?

F. E.: Purtroppo in Cile mancano strumenti di democrazia diretta. In alcune comunità stanno cominciando ad attuare consultazioni di interesse di vicinato. In Cile abbiamo una democrazia rappresentativa: i cittadini non partecipano alle decisioni prese nel Congresso. A mio avviso, la democrazia rappresentativa non aiuta a promuovere la partecipazione dei giovani al processo decisionale. In Cile mi manca il tipo di democrazia che c'è in Svizzera.

swissinfo.ch: Nella maggior parte dei paesi, la partecipazione dei giovani a votazioni ed elezioni è inferiore a quella delle altre fasce di età. La democrazia diretta non sarebbe proprio il mezzo ideale per i giovani per sviluppare politiche che rispondano alle loro necessità e alle loro idee?

F. E.: Secondo me, la democrazia diretta non è il fattore per cui i giovani si recano meno alle urne. La scarsa partecipazione dei giovani si riscontra anche in altri paesi, come il Cile, che hanno un tipo di democrazia diverso dalla Svizzera. Nella maggior parte dei paesi regna questo problema. La causa, a mio parere, è che in generale i giovani non sono interessati alla politica e si preoccupano di altre cose che considerano più rilevanti.

Personalmente credo che quella diretta sia il tipo di democrazia in cui i cittadini hanno più possibilità di vedere le loro idee incluse nell'agenda politica, a differenza delle democrazie rappresentative.

Piattaforma per giovani svizzeri all'estero

Il Parlamento dei giovani svizzeri all'estero (PGSE) rappresenta ancora una novità, poiché esiste da pochi mesi. Sede dei lavori parlamentari è Internet: dibattiti e scambi tra i circa 350 membri, sparsi in tutti i continenti, avvengono attraverso i social media e skype.

swissinfo.ch ha intervistato 11 giovani svizzeri all'estero, che sono membri del comitato del PGSE. Ha in particolare tastato loro il polso sulla democrazia diretta nei rispettivi paesi di residenza e in Svizzera.

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swissinfo.ch: Dagli attentati di Parigi, l’Europa ha al centro delle preoccupazioni il terrore dell’autoproclamato Stato islamico. La lotta contro l’estremismo islamico, che significa anche limitazione delle libertà individuali, rappresenta un pericolo per la democrazia?

F. E.: Evidentemente la lotta contro il terrorismo limita alcune libertà individuali e sottopone i cittadini a innumerevoli requisiti di sicurezza e a perdite di libertà in luoghi con una forte concentrazione di persone, come aeroporti, stadi, teatri e luoghi di svago, perché è necessario prendere precauzioni contro la minaccia di possibili attentati. Dobbiamo tener conto del fatto che i terroristi islamici sono disposti a suicidarsi e che quando perpetrano un attentato non fanno differenza se le vittime sono donne, uomini o bambini.

Questa situazione costituisce una grande minaccia per la democrazia. Il pericolo di un potenziale attacco terroristico limita la libertà di movimento e le libertà individuali delle persone. La popolazione ha paura di compiere qualsiasi attività della normale vita quotidiana. E questo incrina lo sviluppo e l'economia di un paese, poiché un attentato ha un impatto su tutte le città, non solo su quella che ha subito il flagello del terrorismo.

Purtroppo, il popolo islamico è stigmatizzato come terrorista, mentre i responsabili dei sanguinosi attentati in grandi città del mondo costituiscono una piccola proporzione di fanatici.

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