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Cosa ha voluto veramente dirci Doris Leuthard

La ministra Doris Leuthard ha deciso di dire addio al governo svizzero. Béatrice Devènes/Lunax
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Questo contenuto è stato pubblicato il 02 ottobre 2018 - 14:00

La ministra svizzera Doris Leuthard la settimana scorsa ha annunciato le dimissioni dal governo federale per la fine dell'anno. Giovedì mattina si è presentata davanti ai media: visibilmente "turbata", ha "combattuto per trattenere le lacrime", hanno sottolineato i giornalisti.

C'è da sperare che l'acqua negli occhi dell'Helvetia non oscuri la visione di ciò che la consigliera federale in carica da più tempo ha chiaramente avvertito: "Il nostro Paese è ancora solido, ma è diventato più vulnerabile". Intendeva l'interdipendenza internazionale.

Larissa M. Bieler è caporedattrice e direttrice di swissinfo.ch Nikkol Rot

Le questioni diventano più complesse

Le forze esterne influenzano molto fortemente la politica svizzera, ha aggiunto Doris Leuthard. "È un errore pensare di poter controllare tutto da soli". La Svizzera è esposta a diversi impatti esterni. Sia il Consiglio federale che il parlamento devono impratichirsi ancora di più con questioni complesse e integrare costantemente questo impatto esterno sul nostro Paese nella ricerca di soluzioni, ha proseguito.

Qui Leuthard fa appello ad una nazione, che – va sottolineato – ha riconosciuto molto precocemente quella che è diventata una necessità nel mondo globalizzato: curare le relazioni, diffondere la solidarietà e creare legami. Come nazione basata sulla volontà, con quattro regioni linguistiche, l'equilibrio degli interessi e l'equilibrio tra le diverse esigenze e culture sono nel DNA del nostro Paese.

Su questa base collaudata, la Svizzera ha creato le condizioni quadro. E benché ambivalente, uno dei punti di forza della Svizzera è lo scambio interculturale. La Svizzera ha una tradizione in ciò che il mondo globalizzato richiede agli altri paesi. Qui ha avuto un ruolo pionieristico. Tempi passati?

"La singolarità non è un monopolio svizzero"

La Svizzera ha da tempo elevato la condizione di "caso speciale" allo status di dogma, che riflette soprattutto l'incertezza nell'affrontare le sfide globali. Un'altra donna, di peso sulla scena internazionale, ha recentemente tenuto d'occhio la Svizzera: Ursula Plassnik, ambasciatrice austriaca in Svizzera ed ex ministra degli esteri, afferma con estrema chiarezza: "Chiunque abbia difficoltà a riconoscere che anche i vicini di casa hanno sistemi politici molto utili, è anche meno motivato a partecipare alle grandi questioni europee del futuro".

E aggiunge: "La singolarità non è un monopolio svizzero. Tra i 193 Stati membri delle Nazioni Unite, ciascuno si considera giustamente unico. Appunto un caso particolare. Dall'Afghanistan allo Zimbabwe". Questa affermazione non può essere considerata semplicemente una frecciata. Dovrebbe rendere attenti, soprattutto in considerazione del fatto che le critiche di ambasciatori nel paese ospitante nei circoli diplomatici rappresentano una vera e propria rottura di tabù.

Una cosa è certa: la globalizzazione, l'interdipendenza internazionale sempre più stretta, sta ridistribuendo opportunità e rischi. A volte a velocità mozzafiato. Novartis sta tagliando circa 2000 posti di lavoro in Svizzera. Le emozioni non hanno alcun ruolo qui. La Cina ha da tempo messo le mani anche in Svizzera. Il messaggio di Doris Leuthard va inteso come un avvertimento: per la Svizzera, restare al passo con i tempi, potrebbe probabilmente rappresentare un processo costoso, perché, pur essendo uno degli Stati occidentali, non è membro dell'UE, del G20 o della NATO.

In altre parole, per la Svizzera, una visione globale, il networking internazionale, avrebbe dovuto essere già da tempo una strategia di sopravvivenza. La sempre più stretta concentrazione internazionale dell'economia, della politica, della scienza e della cultura sta dando forma al futuro della Svizzera. Cosa rimane?

Rimangono formazione e soft power

Ciò che rimane è la risorsa della formazione e la sua trasformazione in innovazione. E il potere morbido. Indipendenza e credibilità, sicurezza e stabilità, partecipazione e democrazia, Stato di diritto: questi sono i punti di forza che la storia della Svizzera ci ha messo a disposizione. Questo non ci rende unici, ma l'identità politica della Svizzera offre le premesse per un ruolo significativo nella comunità internazionale.

E il ruolo dei media liberi non è ancora sottovalutato. Quello che Doris Leuthard voleva davvero dirci era probabilmente meno un ringraziamento che: usiamo la nostra indipendenza come forza ed energia. E usiamola velocemente.

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