‘Ndrangheta in Svizzera, ristorazione ma non solo
La maxi operazione dei Carabinieri che martedì ha portato all'arresto, in Italia e Germania, di 169 persone legate alla ‘ndrangheta calabrese, ha anche un risvolto elvetico. Dai documenti firmati dai giudici delle indagini preliminari, emerge infatti che la cosca Farao-Marincola era già attiva in Svizzera e aveva intenzione di investirvi ulteriormente, anche in Ticino.
In Germania l’organizzazione criminale imponeva ai ristoratori l'acquisto di vino, prodotti di pasticceria e semilavorati per la pizza prodotti da imprese legate alla cosca.
Secondo l'accusa gli ‘ngranghetisti erano anche divenuti i referenti dei ristoratori per l'accomodamento di eventuali controversie che si venivano a creare.
Un modello che l’associazione criminale intendeva espandere anche nella Svizzera italiana. In una registrazione ambientale risalente al febbraio del 2017, una persona che gli inquirenti definiscono come “un plenipotenziario della cosca” dice le seguenti parole: “Dopo siamo andati a Lugano, abbiamo trovato uno che ha assaggiato il vino".
La stessa persona parla di 16 locali su territorio elvetico “già nostri” e di altri già “in società”, e invita poi l’interlocutore, un altro boss ‘ndranghetista, a un appuntamento “in Svizzera interna”.
Ma i legami della ‘ndrangheta con la Confederazione che compaiono nei documenti non si limitano alla ristorazione. Si parla del transito di “mazzette” dalla Svizzera a Parma e anche di armi “corte e lunghe”, che il boss intercettato si sarebbe procurato in Svizzera.
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