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Hillary Clinton o quando il fattore donna è un ostacolo

10 ottobre 2009: l'allora ministra degli esteri svizzera Micheline Calmy-Rey incontra a Zurigo Hillary Clinton, all'epoca segretaria di Stato. Keystone

Il fatto di essere donna ha pesato nella non elezione di Hillary Clinton? L’ex presidente della Confederazione Micheline Calmy-Rey e alcune donne americane che vivono in Svizzera danno alcune chiavi di lettura.

Questo contenuto è stato pubblicato il 09 novembre 2016 - 16:42
swissinfo.ch

La Svizzera ha avuto il suo primo presidente di sesso femminile nel 1999. Nella Confederazione è però un incarico prima di tutto onorifico, che viene ricoperto a rotazione ogni anno da un membro del governo. Nulla a che vedere, quindi, con le competenze attribuite al presidente statunitense.

La socialista Ruth Dreifuss, che fu appunto eletta nel 1999 alla presidenza della Confederazione, ha preferito non commentare il risultato delle elezioni USA. Micheline Calmy-Rey, che ha ricoperto questo incarico nel 2007 e nel 2011, è invece intervenuta sulle onde della Radiotelevisione della Svizzera francese (RTS).

Ministra degli esteri durante tutto il suo mandato in governo (dal 2003 al 2011), Micheline Calmy-Rey ha conosciuto Hillary Clinton tra il 2009 e il 2011, quando quest’ultima ricopriva pure la carica di segretaria di Stato (responsabile degli affari esteri).

Essere donna, un enorme ostacolo

Secondo Micheline Calmy-Rey, il fatto di essere una donna è stato il più grande ostacolo nell’elezione di Hillary Clinton. “Il simbolo di avere una donna a capo del più potente Stato del mondo, in grado di premere il pulsante nucleare e di essere il comandante in capo, ha generato scetticismo e opposizione”.

"Non ha potuto agire come un uomo durante la campagna, non ha potuto mostrare la sua forza, forse gli americani hanno pensato che non sarebbe stata capace di proteggerli in questo mondo in cambiamento. Non ha potuto farlo perché una donna che picchia i pugni sul tavolo è subito definita isterica”.

“Hillary Clinton è una persona molto metodica, organizzata, che conosce bene i suoi dossier e che ha condotto la politica estera di Obama. Una politica estera basata sulla ragione, lo Stato di diritto, i diritti umani, il dialogo invece della forza militare. Questa politica oggi è rimessa fortemente in discussione, non solo negli Stati Uniti ma un po’ dappertutto”, ha proseguito Micheline Calmy-Rey.

“Goodbye America”: è stata questa invece la reazione a caldo di Anita Fetz, senatrice del Partito socialista, che appartiene alla stessa generazione di Hillary Clinton e ha seguito la sua carriera da vicino.

Il fatto che la Clinton sia ricca e faccia parte dell’establishment si è rivolto contro di lei. Normalmente questi sono requisiti necessari per una campagna elettorale, ma sono più facili da accettare se ad averli è un uomo, ha proseguito Anita Fetz.

“Non tutte votano una donna solo perché è donna”

Molte donne americane che vivono in Svizzera sono rimaste scioccate dal risultato delle elezioni presidenziali. Ellen Frick-Delman, presidente dell’American Woman’s Club di Zurigo, è una di loro.

“Sono veramente delusa. Era veramente giunto il momento che gli Stati Uniti avessero un presidente donna”, ha dichiarato a swissinfo.ch, che l’ha incontrata durante la colazione organizzata a Zurigo dalla Camera di commercio Svizzera-USA.

“Ovviamente non era il momento di Hillary. Il fatto però che sia riuscita a candidarsi alla presidenza ha aperto delle porte a una maggiore promozione delle pari opportunità”.

Una donna che ha votato per Trump – e che preferisce non essere nominata – invece ci dice: “Non tutte votano una donna solo perché è una donna. Vi sono molti altri aspetti, come il lavoro o la sicurezza, che sono stati probabilmente ritenuti più importanti”.

Un’analisi in parte condivisa da Renée Rousseau, responsabile della sezione zurighese dei Democratici all’estero: “Trump ha ricevuto un forte appoggio dall’elettorato femminile bianco conservatore”.

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