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Appalti pubblici, prima gli svizzeri

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Questo contenuto è stato pubblicato il 11 aprile 2017 - 11:51
tvsvizzera/spal

Dopo una lunga maratona il Gran Consiglio ticinese ha approvato all'unanimità (due astensioni) la nuova legge sulle commesse pubbliche che privilegia negli appalti le imprese nazionali per importi al di sotto di una certa soglia legale.

Le disposizioni approvate dai parlamentari cantonali possono essere considerate una prima risposta all’iniziativa popolare “Prima i nostri” votata in settembre che peraltro sta incontrando non poche difficoltà di attuazione pratica. Ma le nuove norme non si limitano ad accordare una preferenza, a determinate condizioni, alle ditte elvetiche negli appalti di Cantone, comuni e committenti privati sussidiati dall’ente pubblico.

Viene infatti inserito, tra i criteri di aggiudicazione, anche il concetto della responsabilità sociale che dovrebbe anch’esso privilegiare l’economia locale dal momento che contribuisce a temperare le ponderazioni sul minor prezzo dell’offerta. Inoltre, dopo il momentaneo stop intervenuto a livello commissionale, è stato accettato l’emendamento del Partito popolare democratico (Fonio, Jelmini) che impone al committente, prima di assumere un lavoratore interinale, di far capo ai disoccupati iscritti agli Uffici regionali di collocamento in grado di ricoprire l’attività richiesta.

Viene inoltre sancito il divieto di subappalto, uno strumento con cui ditte estere sono entrate per vie traverse nel lucroso mercato degli appalti pubblici ticinese che ammonta a circa 940 milioni di franchi all’anno (e la riforma finirà per interessare il 90 per cento delle commesse pubbliche cantonali).

Non ha avuto invece fortuna, suscitando le ire dello schieramento di destra dell’UDC, la proposta avanzata dalla commissione “Prima i nostri” di inserire il parametro della manodopera residente tra quelli discriminanti per la scelta delle offerte. Lo stesso ministro cantonale competente, il consigliere di Stato leghista Claudio Zali, ha avvertito che non è possibile fare di più a sostegno della manodopera locale, senza scontrarsi con il diritto internazionale. Anche perché “la Legge sulle commesse pubbliche non è una legge sull’occupazione e non va sfruttata per disinnescare gli Accordi bilaterali sulla libera circolazione” con l’Ue.

Evidentemente le criticità emerse in relazione all’albo degli artigiani introdotto l’anno scorso in Ticino, denunciato dall’Italia ma anche dalle organizzazione di categoria degli altri cantoni, inducono a una certa prudenza le autorità ticinesi.       

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