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Le aziende svizzere scappano dal Venezuela

È un’inchiesta del settimanale economico Handelszeitung a rivelarlo: diverse aziende svizzere - tra cui Sulzer, Novartis e Schindler - hanno soppresso centinaia di impieghi nelle loro succursali in Venezuela. Il gruppo Nestlé, invece, non ha intenzione di lasciare il paese sudamericano, confrontato da mesi con una grave crisi economica e politica.

Questo contenuto è stato pubblicato il 22 agosto 2017 - 11:05
Sempre più solo? Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (camicia blu) si è recato a Cuba per rendere omaggio al compagno Fidel Castro, che avrebbe compiuto 91 anni il 15 agosto. Keystone

La crisi politica, sociale ed economica nella quale è sprofondato il Venezuela ha spinto diverse aziende svizzere a ridimensionare gli effettivi o a chiudere progressivamente le proprie filiali, secondo un’inchiesta pubblicata il 18 agosto dal settimanale svizzero-tedesco HandelszeitungLink esterno.

Le esportazioni elvetiche in Venezuela, paese che dispone delle più grandi riserve petrolifere al mondo, aveva raggiunto il mezzo miliardo di franchi nel 2012, scrive la rivista. «Nel secondo trimestre del 2017 sono scese a 11 milioni, il livello più basso negli ultimi trent'anni».

Il settimanale cita l’esempio dell’azienda Sulzer, che aveva investito in Venezuela con unità di turbine e pompaggio. Con l'arrivo al potere di Nicolas Maduro, e la conseguente instabilità politico-sociale, il gruppo di Winterthur ha però interrotto le proprie attività. «La filiale era capitalizzata a 5'000 bolivar venezuelani. In seguito all’iperinflazione, il suo valore corrisponde ormai a quello di 4 kg di banane o di mezzo pollo», prosegue la Handelszeitung.

Altro esempio: negli anni d’oro, il gigante farmaceutico basilese Novartis impiegava 600 collaboratori in Venezuela. Oggi sono appena 80.  «Seguiamo con attenzione l’evolvere della situazione», ha dichiarato un portavoce al settimanale, precisando che per i pazienti è molto difficile avere accesso ai medicamenti.

Dal canto suo, il gigante bancario Credit Suisse ha deciso a inizio agosto di vietare ai suoi trader di eseguire transazioni relative al debito del Venezuela e con prodotti finanziari emessi da Caracas. La banca ha inoltre dichiarato di voler riesaminare le relazioni col paese sudamericano per evitare di mettere a rischio la sua reputazione.

La storia delle relazioni economiche tra la Svizzera e il Venezuela dimostra la portata di questo cambiamento. Per la Svizzera, il Venezuela è sempre stato «un partner commerciale interessante», poiché grazie alle entrate derivanti dalla vendita del petrolio il paese non si è mai ritrovato privo di divise, scrive il Dizionario storicoLink esterno. Anche in tempi di governi autoritari (Marcos Pérez Jiménez, 1952-58), corrotti (Carlos Andrés Pérez, 1989-93) o populisti (Hugo Chávez, 1999-2013) la Svizzera ha cercato di «mantenere rapporti normali» col paese, prosegue il Dizionario.

Oggi però il vento sembra aver cambiato direzione. A fare eccezione, secondo la Handelszeitung, è il gigante agroalimentare Nestlé, presente in Venezuela dal 1940.

Contattata da swissinfo.ch, la multinazionale conferma di non voler lasciare il paese: «Ci siamo impegnati a fornire prodotti alimentari di qualità ai consumatori. Siamo determinati a mantenere le nostre attività in Venezuela e a continuare a sostenere le comunità locali nei luoghi dove operiamo. La sicurezza dei nostri oltre 3'000 impiegati resta comunque una priorità», ha dichiarato il portavoce Michael Jennings, precisando che le cinque fabbriche della Nestlé in Venezuela sono sempre operative.



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