Il settore energetico svizzero è in subbuglio: Alpiq e Axpo, due pesi massimi del ramo, sono in grandi difficoltà finanziarie. Per riequilibrare i conti, Alpiq vuole vendere il 49% del suo portafoglio idroelettrico.
Questo contenuto è stato pubblicato il 15 marzo 2016 - 14:00
L’energia a buon mercato prodotta con le centrali a carbone e eoliche in Europa sta mettendo sotto pressione le aziende svizzere. La Alpiq e la Axpo non riescono a stare al passo della concorrenza. L’energia che producono con l’atomo e con le centrali idroelettriche è infatti più cara. Le dighe, assurte a simbolo del “castello d’acqua svizzero”, cominciano così a mostrare qualche crepa.
Molti politici, anche di destra, chiedono allo Stato di intervenire, creando ad esempio un fondo infrastrutturale o una società pubblica. Cosa succederebbe se, ad esempio, investitori cinesi volessero mettere le mani sulle dighe svizzere? “Non dobbiamo avere paura dei cinesi”, afferma Stefan Müller Altermatt, presidente della commissione dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia del Consiglio Nazionale. Queste infrastrutture non si possono smontare e ricostruire nell’Impero di Mezzo.
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