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Tutta colpa delle batterie

Samsung ha individuato nel design e nelle manifattura delle batterie il problema dell' incendio che nei mesi scorsi ha colpito i suoi Galaxy Note 7, costringendo il gruppo a ritirarli dai mercati e a sospenderne a ottobre la produzione per i timori sulla sicurezza.

Questo contenuto è stato pubblicato il 23 gennaio 2017 - 11:02
tvsvizzera.it/fra con RSI (TG del 23.01.2017)
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"La nostra indagine, così come le altre completate da tre organizzazioni industriali indipendenti, ha concluso che le batterie sono state all'origine degli incidenti del Note 7". Così Samsung.

Samsung ha stimato i costi del richiamo di 2,5 milioni di Note 7 in 5,3 miliardi di dollari: pur incolpando a settembre le batterie al litio date da un fornitore, in seguito emerse che anche i modelli con nuove batterie erano a rischio incendio.

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La compagnia ha individuato il rischio incendio demandando a un ulteriore approfondimento le cause del surriscaldamento delle batterie: in particolare, circa 700 ricercatori e ingegneri di Samsung hanno lavorato "sulla replica degli incidenti" testando oltre 200mila Note 7 completi e più di 30mila batterie.

Koh Dong-jin, a capo della divisione smartphone, ha rinnovato le scuse della compagnia auspicando l'impegno a riconquistare la fiducia dei consumatori nel mondo. Al tal proposito, "sono state adottate diverse azioni correttive per assicurare che questo non accada più in futuro, incluse le misure di sicurezza in fase di progettazione e il piano di 8 punti di verifica delle batterie".

Negli ultimi mesi, insieme agli esperti indipendenti di settore, "abbiamo condotto indagini per ricostruire le causa dei problemi del Galaxy Note 7. Ora più che mai - ha concluso Koh -, siamo decisi a guadagnare la fiducia dei nostri clienti con l'innovazione per quanto è possibile sulla sicurezza come porta per illimitate e incredibili possibilità di nuove esperienze".


Nei guai l'erede del gruppo Samsung

Lee Jae-yong, erede del gruppo Samsung, ha ammesso che la presidente sudcoreana Park Geun-hye, sotto procedura di impeachment, obbligò la sua società a versare miliardi di won nelle casse di società riconducibili alla sua stretta confidente Choi Soon-sil. Le sue affermazioni non coincidono però con quelle rilasciate il 6 dicembre nel corso di un'audizione parlamentare in cui spiegò che nell'incontro riservato avuto con Park nell'estate del 2015 si parlò solo di materie relative alla conglomerata e ai suoi piani sugli investimenti. Per le incongruenze emerse nel corso degli accertamenti disposti successivamente, Lee è stato ieri formalmente incriminato di spergiuro da parte del panel parlamentare.

Respinta la richiesta di carcerazione

La Corte centrale distrettuale di Seul ha poi respinto la richiesta d'arresto nei confronti di Lee Jae-yong, leader de facto del gruppo Samsung e vice presidente di Samsung Electronics, richiesta dalla procura speciale che sta indagando sullo scandalo che ha travolto la presidente della Repubblica Park Geun-hye e la confidente Choi Soon-sil. 

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