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Bunker, che passione

Uno dei bunker esposti (foto leo fabrizio) leo fabrizio

“Sono andato a cercarli perché amo i paesaggi e l’architettura. Lascio al prossimo lo sviluppo di ulteriori livelli di lettura: se fosse giusto avere così tanti bunker o se l’esercito sia una cosa indispensabile, non sarò io a dirlo”.

Questo contenuto è stato pubblicato il 28 ottobre 2003 - 17:18

Leo Fabrizio è un ragazzo alto, con occhi azzurri e franchi. Il look racconta qualcosa che assomiglia alla cultura hip hop.

Parla veloce e mastica volentieri l’inglese, ma confessa di non avere mai imparato la lingua dei suoi genitori: “Lei è svizzera tedesca, lui era italiano ma non l’ho conosciuto. Sono cresciuto nella Svizzera francese e questo è il risultato”, si scusa sorridendo.

Ha vinto il Concorso federale per il design 2003 con “Bunker”, il suo lavoro di diploma in design della comunicazione visuale all’ECAL di Losanna.

Una ricerca durata quattro anni l’ha portato alla scoperta di centinaia e centinaia di rifugi nascosti fra le montagne della Confederazione. “Il paesaggio svizzero è una cartolina? Io ci vedo sempre un bunker, nascosto da qualche parte”, confida.

Leo Fabrizio ha la passione dello sport e della passeggiata in montagna e lavora con un apparecchio fotografico “piuttosto pesante da portare in arrampicata”.

Eppure il progetto l’ha appassionato e il risultato è davvero notevole, con immagini grandi e lucide che raccontano la relazione fra i bunker e l’ambiente in cui sono inseriti.

Ecco quadrati asettici di cemento che si stagliano su una cima alpina. Ma soprattutto tanti e curiosi bunker perfettamente mimetizzati con il paesaggio. Si fingono chalet di legno con tanto di finestre finte dipinte. Simulano scorci di bosco, creste alpine e pareti di roccia.

La ricerca di Fabrizio è piaciuta anche all’esercito, che l’ha messo in contatto con un architetto che sta lavorando ad un censimento del patrimonio di oltre 3000 bunker svizzeri. E gli ha aperto le porte di alcuni bunker speciali e inaccessibili. “La maggior parte sono ben conservati”, racconta lui. “Molti addirittura in funzione, con tutto quello che serve fino all’ultimo particolare. In stile perfettamente svizzero, tutto è perfetto e accurato”.

100 immagini (su oltre 400) sono esposte fino al 16 novembre all’Epfl di Losanna e per l’ottobre del 2004 è prevista la pubblicazione di un libro con l’editore tedesco Steidel.

Ma Fabrizio cerca ancora “partners che vogliano sostenerlo, per esempio acquistandone in anticipo un po’ di copie. O con altri progetti da pensare insieme”. Nel frattempo, lavora come fotografo free lancer e operatore video. Imparerà prima o poi l’italiano? “La vedo difficile.. piuttosto mi piacerebbe parlare il dialetto della regione di mio padre, il friulano”.

swissinfo, Serena Tinari, Losanna

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