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Come reagire all’aumento generalizzato degli stupri di guerra?

Una ragazza vittima di uno sturpo a Monrovia, Liberia (2009) UN Photos

Nella maggior parte dei conflitti in corso, lo stupro è utilizzato come vera e propria arma di guerra per terrorizzare un’intera comunità. In collaborazione con la diplomazia svizzera, l’organizzazione non governativa svizzera Trial International si batte per porre fine all’impunità dei responsabili in Siria, Birmania, Repubblica democratica del Congo e Libia.  

Questo contenuto è stato pubblicato il 04 luglio 2018 - 11:00
Frédéric Burnand, Ginevra

«Oggi non c’è un solo conflitto al mondo in cui non si faccia ricorso allo stupro. Si tratta di un’arma di guerra estremamente efficace, con molteplici deflagrazioni che colpiscono la vittima, la sua famiglia e la sua comunità. Ed è particolarmente usata anche perché l’impunità rimane la regola per gli autori di queste atrocità». Questa è la constatazione di Céline Bardet, fondatrice dell’organizzazione non governativa (ONG) We are not weapons of war (Non siamo armi da guerra). 

Insieme a una cinquantina di altri attivisti, ha partecipato a un incontroLink esterno organizzato da Trial International il 18 e 19 giugno a Ginevra per celebrare il 15esimo anniversario dell’ONG svizzera. Susannah SirkinLink esterno, dell’ONG Medici per i diritti umani è d’accordo «La prima cosa da fare è prevenire. Un modo per procedere consiste nel porre fine all’impunità di coloro che commettono questi crimini e di chi organizza le campagne di violenza sessuale. Se l’impunità è totale, come in Siria o in Birmania, questo incoraggia gli stupratori anche in altri Paesi in guerra. 

Sebbene i presenti a Ginevra concordino sul fatto che la violenza sessuale tende a diffondersi nelle guerre, non esiste nessuno studio internazionale che consente di misurare con precisione questo flagello. Si stima tuttavia che più di 20'000 donne siano state stuprate durante i conflitti nell’ex Jugoslavia (1992-1995). E più di un milione di donne hanno subito la stessa sorte nella Repubblica democratica del Congo dalla metà degli anni ’90, durante le ripetute guerre in diverse regioni di questo immenso Paese. Solo nel 2017 le Nazioni Unite hanno segnalato 5783 casi nella RDC, ma le cifre reali sono probabilmente molto più elevate. 

Stupri sugli uomini 

Ma è in Libia che la situazione è più estrema. «Quello che rende la situazione libica eccezionale è che lo stupro è stato usato in maniera sistematica per diversi periodi: durante il regno di Gheddafi, durante la rivoluzione e persino attualmente viene inflitto sistematicamente nelle carceri. È diventato uno strumento di vendetta praticato ovunque e che colpisce principalmente gli uomini» afferma Céline Bardet. 

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Che cosa sappiamo esattamente delle motivazioni degli autori di questi crimini? «Le numerose testimonianze raccolte evocano le minacce proferite dagli autori, siano essi miliziani o capi delle forze armate. Se ne percepisce la volontà di distruggere un gruppo cambiandone l’identità a partire dalla generazione successiva» dice Susannah Sirkin. Nel nord dell’Iraq le vittime della minoranza yazide hanno spiegato che durante la schiavitù, veniva detto loro che sarebbero state ingravidate di bambini Daech, in modo da distruggere la loro comunità. Questo illustra la natura genocida degli stupri. 

Anche in Bosnia i torturatori serbi dicevano alle donne bosniache che avrebbero messo al mondo dei bambini serbi. Il principio di voler trasformare l’insieme di un intero gruppo attraverso gravidanze forzate è stato documentato anche nel Sudan, nella regione del Darfur. «Ma nella maggior parte dei casi che conosciamo, lo stupro è usato per terrorizzare e scacciare un’intera popolazione. E questo nell’intento di effettuare una pulizia etnica» continua Susannah Sirkin. 

Eppure la presa di coscienza riguardo a queste particolari atrocità non è che all’inizio. «Fino al 1945 lo stupro in tempo di guerra era considerato come un semplice danno collaterale, non come un vero e proprio crimine» spiega Lucie Canal, consulente legale sulla violenza sessuale presso Trial International.

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Dei processi troppo rari 

La prima menzione esplicita allo stupro risale alla quarta ConvenzioneLink esterno di Ginevra, senza però che fosse considerato come un grave crimine di guerra. Sono stati i tribunali internazionali per l’ex Jugoslavia e il Ruanda a consentire una definizione più precisa di questi crimini nel diritto internazionale. Ed è con lo Statuto di Roma – che definisce il ruolo della Corte penale internazionale – che è stato possibile precisare gli elementi costitutivi del crimine di stupro e di violenza sessuale in tempo di guerra o di repressione violenta. Ciò comprende, ad esempio, la prostituzione forzata, le gravidanze forzate o la schiavitù sessuale. 

Mentre i tribunali internazionali per l’ex Jugoslavia e il Ruanda hanno condannato dei criminali di guerra per stupro sistematico, la Corte penale internazionale non ha potuto condannare nessuno per crimini simili poiché il primo processo di questa giurisdizione – che prevedeva denunce per stupro contro il congolese Jean-Pierre Bemba – è stato perso in appello all’inizio di questo mese. 

Rimane il ricorso a giurisdizioni nazionali dotate del principio di competenza universale. Ma i casi trattati sono ancora rari. Ragione per cui Trial International intende dare continuità alle idee e agli incontri inaugurati questo mese a Ginevra; per proteggere ed aiutare maggiormente le vittime di violenza sessuale, in modo che possano ottenere cure e giustizia.


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