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La Svizzera deve davvero temere la libera circolazione dei cittadini dell’UE?

Keystone / Martin Meissner

La Svizzera si oppone alla direttiva sulla libera circolazione dei cittadini dell’UE: teme infatti che il proprio sistema di aiuti sociali venga preso d’assalto. Anche alcuni Paesi ricchi dell’UE, come Germania o Austria, paventano il “turismo dell’aiuto sociale”. Rispetto alla Svizzera, questi Paesi sono avanti di qualche anno.

Questo contenuto è stato pubblicato il 18 maggio 2021 - 13:08

La storia di una famiglia tedesca che non conosceva nel dettaglio la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini dell’UE stava quasi per assumere risvolti drammatici. Da Hannover, la famiglia Wetenkamp si era trasferita in Carinzia, Austria, per andare a vivere in una casa ricevuta in eredità. Una volta sistematisi, i genitori avevano presentato domanda affinché il figlio, affetto da handicap mentale, potesse lavorare in un laboratorio per persone portatrici di handicap. Ignoravano però che, in Austria, una tale richiesta equivale all’erogazione di una prestazione sociale.

Dal canto suo, l’Austria voleva espellere la malcapitata famiglia: i cittadini stranieri dell’UE non possono percepire prestazioni sociali nei primi cinque anni del loro soggiorno.

La direttiva sulla libera circolazione dei cittadini dell’UE prevede infatti che i cittadini di uno Stato membro dell’UE possano trasferirsi in un altro Paese membro a condizione di disporre di “risorse economiche sufficienti”, affinché non diventino un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato ospitante durante il loro periodo di soggiorno. Trascorsi legalmente cinque anni in un Paese estero, è possibile stabilirvisi a lungo termine, e quindi percepire anche prestazioni sociali.

Che cos’è la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini dell’UE?

La direttiva sulla libera circolazione dei cittadini dell’UE è uno sviluppo del diritto alla libera circolazione delle persone; in materia di assicurazioni sociali, con la direttiva si intende riservare pari trattamento ai cittadini dell’UE.

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La Svizzera è contraria alla direttiva sulla libera circolazione dei cittadini dell’UE

La Svizzera non condivide la direttiva, che sta ostacolando la conclusione di un accordo quadro istituzionale con l’UE.

Che cos’è l’accordo quadro istituzionale?

La Svizzera non è membro dell’Unione europea, ma è integrata nello spazio economico europeo tramite accordi bilaterali. L’UE vuole che le questioni istituzionali di questa via bilaterale siano disciplinate tramite un accordo quadro istituzionale. Tra il 2014 e il 2018, Svizzera e UE hanno lavorato congiuntamente a un testo. L’UE sta spingendo affinché il testo venga firmato, ma la Svizzera deve fare i conti con la resistenza politica interna.

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L’UE vorrebbe che la Svizzera la adottasse, ma nel nostro Paese c’è chi vi si oppone, soprattutto da destra: i detrattori temono infatti che risulterebbe difficile espellere i criminali con passaporto UE e che con un accesso agevolato alle prestazioni l’intero sistema di aiuti sociali verrebbe preso d’assalto.

È davvero un problema così grave?

Di recente, da uno studio di Avenir SuisseLink esterno, think tank vicino agli ambienti economici, è emerso che, per la Svizzera, la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini dell’UE nella peggiore delle ipotesi comporterebbe costi supplementari per “soli” 75 milioni di franchi all’anno. Stando ad Avenir Suisse, con la direttiva le norme svizzere che disciplinano l’accesso all’aiuto sociale resterebbero praticamente invariate. Il think tank fa riferimento in particolare all’interpretazione restrittiva della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE).

Peter Hilpold, esperto austriaco in materia di diritto comunitario dell’Università di Innsbruck, ha analizzato la giurisprudenza della CGUE per quanto riguarda la direttiva in questione. Dall’analisi è emerso che, in un primo momento, la Corte continuava a estendere i diritti. Dal 2014, però, la stessa Corte ha cambiato linea ed è venuta a crearsi una corrente contraria. “La CGUE sembra aver colto i segnali provenienti dagli Stati membri, secondo cui un’interpretazione eccessivamente estensiva della direttiva incontra un forte dissenso”, questa la conclusione tratta da Hilpold. Di conseguenza, attualmente non si può parlare di pericolo di “turismo dell’aiuto sociale”.

Un film già visto all’interno dell’UE

“Oramai, all’interno della stessa UE questa direttiva non è più un argomento controverso”, afferma anche il finlandese Panu Poutvaara, responsabile del Centro per il confronto internazionale tra istituzioni e studi sulla migrazione presso l’Istituto ifo di Monaco di Baviera e professore di economia politica presso la Ludwig-Maximilian-Universität.

Alcuni anni fa la diatriba era ancora accesa. Secondo Poutvaara, all’interno dell’UE erano divampate discussioni intense, specialmente in seguito all’allargamento a Est. “Prima dell’allargamento a Est, l’UE era molto più omogenea e la questione delle prestazioni sociali meno controversa”, spiega lo stesso Poutvaara. In Europa orientale il livello di salari, prezzi e prestazioni sociali è nettamente inferiore rispetto all’Europa occidentale. A ciò si aggiunge il fatto che gli Stati membri dell’UE dispongono di sistemi di assicurazione sociale molto diversi tra loro.

In seguito all’apertura del mercato del lavoro tedesco ai cittadini bulgari e rumeni nel 2014, nel giro di cinque anni il numero di persone che provengono da questi Paesi e percepiscono il sussidio sociale Hartz IV è triplicato. “Alcuni cittadini bulgari percepiscono il sussidio sociale Hartz IV, ma la direttiva sulla libera circolazione dei cittadini dell’UE prevede restrizioni che circoscrivono il problema”, chiosa Poutvaara. Il fenomeno del “turismo dell’aiuto sociale” assumerebbe quindi dimensioni molto ridotte.

“Nel complesso la Svizzera ne trae beneficio”

Pur comprendendo i timori della Svizzera, soprattutto per via dei vari livelli di prestazioni sociali, Poutvaara ritiene che “nel complesso per la Svizzera prevalgono gli aspetti positivi, poiché d’altro canto quest’ultima approfitta fortemente del mercato europeo del lavoro”. Per i singoli impiegati o artigiani il dumping salariale causato dalla concorrenza estera a buon mercato è certamente una spina nel fianco, ma per l’economia nel suo complesso la libera circolazione rappresenta un vantaggio.

A suo dire, con l’entrata in vigore della direttiva sulla libera circolazione dei cittadini dell’UE, la Svizzera non verrebbe presa d’assalto da migranti che andrebbero a gravare sul suo sistema sociale, poiché la direttiva prevede un numero sufficiente di forti restrizioni. Per esempio, possono soggiornare in un determinato Paese per un periodo superiore a tre mesi solo coloro che hanno un lavoro, che possiedono abbastanza soldi per assicurarsi mezzi di sussistenza o che hanno parenti in quel Paese.

E per tornare alla famiglia Wetenkamp, la storia ha avuto un lieto fineLink esterno: un tribunale austriaco ne ha recentemente bloccato l’espulsione. Secondo lo stesso tribunale, infatti, la famiglia tedesca dispone di risorse economiche sufficienti e non dipende dagli aiuti sociali erogati dallo Stato. In fin dei conti, si trattava solo di un posto di lavoro in un laboratorio per persone portatrici di handicap.

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