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Una trappola democratica? Come la Svizzera lotta per garantire le pensioni alla prossima generazione

Corinna Staffe
Questo contenuto è stato pubblicato il 08 aprile 2020 - 11:00
Sonia Fenazzi e Corinna Staffe (illustrazione)

Evitare che il sistema pensionistico a termine collassi è un imperativo che accomuna molti Stati. Per farlo, la Svizzera deve però affrontare un ostacolo supplementare: la democrazia diretta. Un vero rompicapo. 

Il sistema pensionistico svizzero è complesso: si fonda sui cosiddetti tre pilastri. Vale a dire, l'assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS), la previdenza professionale (LPP) e il risparmio privato per la vecchiaia incentivato con agevolazioni fiscali. 

Ciò consente una ripartizione dei rischi che fa del sistema elvetico "un modello per altri Paesi", anche se "purtroppo incompleto", afferma Thomas Gächter, professore di diritto delle assicurazioni sociali all'università di Zurigo. 

E questo modello dà certo un vantaggio temporale alla Svizzera, ma non la salverà dalle conseguenze dell'invecchiamento della popolazione che, secondo le previsioni, non consentirà più di finanziare le rendite dei futuri pensionati, se non si adottano correttivi. Thomas Gächter è lapidario in proposito: "La bomba è innescata".

Benché il governo elvetico continui ad ammonire che il tempo stringe, la riforma del sistema pensionistico in Svizzera è un vasto cantiere aperto ormai da decenni, che di certo non si chiuderà a breve. 

Lo stesso governo federale ha ormai rinunciato a un "intervento chirurgico globale" e ha scelto la via dei "cerotti qua e là". Una strategia intervenuta dopo che, dal 2004 in poi, tutte le sue proposte in tal senso o si sono arenate in parlamento o sono state bocciate dal popolo.

Il vento era girato a partire dall'undicesima revisione dell'AVS. In precedenza, le riforme del sistema pensionistico avevano portato miglioramenti o consolidamenti della previdenza vecchiaia. Dunque, era più facile ottenere una maggioranza di consensi alle urne. 

La stessa introduzione dell'AVS fu decisa a furor di popolo: l'istituzione di quello che diventerà il primo pilastro della previdenza fu approvata dall'80% di sì nella votazione popolare del 6 luglio 1947. E l'anno seguente iniziò il versamento delle rendite AVS, per la gioia dei beneficiari, come si vede nel seguente video con filmati dell'epoca.

Quando invece i progetti di riforma hanno cominciato a comportare peggioramenti per gli assicurati, per le autorità politiche, fare i conti con la democrazia diretta è diventato più difficile. 

Questo tanto più che la stragrande maggioranza dei giovani – propensi a misure incisive per evitare che l'AVS sprofondi nelle cifre rosse e le generazioni future debbano pagare la fattura – diserta le urne. Al contrario, la partecipazione alle votazioni popolari è elevata tra gli anziani e coloro che sono prossimi al pensionamento. 

In questo contesto, le pensioni di vecchiaia si sono saldamente insediate al primo posto delle preoccupazioni degli svizzeri, mentre la fiducia della popolazione nelle capacità della politica di risolvere problemi cruciali è crollata.

I decisori politici elvetici si riscatteranno agli occhi della maggioranza della popolazione con la riforma "AVS 21", che il governo ha già trasmesso al parlamento oppure la fiducia nei loro confronti si eroderà ulteriormente? 

Di certo, il progetto va incontro ad aspre controversie. 

Ecco di cosa si tratta: 

Uno dei punti più sensibili del piano governativo è indubbiamente l'innalzamento dell'età pensionistica delle donne, da 64 a 65 anni. Il fatto che attualmente le donne in Svizzera abbiano diritto alla rendita di vecchiaia regolare un anno prima degli uomini è criticata da chi lo considera un privilegio nel confronto europeo.

Gli oppositori all'aumento dell'età pensionabile femminile obiettano tuttavia che in media le donne in Svizzera ricevono rendite nettamente più basse degli uomini. 


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