Tre voci femminili dall'Afghanistan
Sono quasi 1'000 i profughi afghani che sono stati accolti nel Lazio dopo la presa di potere dei talebani.
Tra questi, 53 hanno trovato ospitalità nell’ostello di Roma Villa Monte Mario, sotto il controllo di un dottore dell’ASL romana, Giancarlo Santone, da anni impegnato nella cura di migranti forzati. Qui la testimonianza di tre donne che sono riuscite a fuggire dall’aeroporto di Kabul.
Mari
“Per me l’11 settembre è arrivato nella mia vita lo scorso 15 agosto, quando i soldati stranieri hanno abbandonato il mio Paese e i talebani hanno preso il potere. Forse abbiamo sofferto quello che immagino abbiano sofferto gli americani quel giorno di 20 anni fa. Ancora l’altra notte ho fatto un incubo in cui sognavo di essere ancora lì, all’aeroporto di Kabul. Per noi non è per niente facile: per 20 anni abbiamo studiato e lavorato sodo per cercare di realizzare i nostri sogni e adesso tutto è andato distrutto in un batter d’occhio. Questo non è Islam, loro strumentalizzano la religione. Adesso la cosa che mi fa più male è che mio papa è rimasto da solo ed è costretto a vivere nascosto, perché se i talebani scoprono che ha mandato sua figlia all’estero, iniziano a minacciarlo”.
Shabnam
“Non appena sono arrivate le notizie dell’avanzata dei talebani, mio papà mi ha detto di andare subito all’aeroporto per abbandonare il Paese perché dopo sarebbe stato impossibile. Erano le tre di notte, avevo paura e sono rimasta lì per quattro giorni prima di trovare un volo. Ho assistito a scene orribili: molte persone sono morte schiacciate dalla folla… Non appena mi sono trovata al sicuro su quell’aereo che mi portava via, ho iniziato ad avere paura per i miei familiari che sono rimasti lì. Mio padre lavorava per il Governo, mia sorella per l’ordine pubblico e ora non possono fare più niente, perché c’è il rischio della vendetta.”
Sobera
“Ho ancora davanti agli occhi quelle scene che difficilmente riuscirò a cancellare. All’aeroporto c’era una calca terribile e i talebani hanno iniziato a picchiare con calci, pugni e schiaffi, prima gli uomini, poi anche le donne e i bambini. Tutto sotto gli occhi di tutti. In Afghanistan è già pericoloso essere una donna, figuriamoci una donna attivista come sono stata io. I talebani hanno già deciso che le donne non devono andare a scuola, che non possono uscire di casa da sole e che non possono rimanere single. Per loro non siamo esseri umani”.
La Cina cerca un dialogo con i talebani
Intanto la diplomazia internazionale si sta muovendo per definire quali potranno essere i futuri rapporti con il governo talebano a Kabul. Tra gli attori principali c'è la Cina che già negli scorsi giorni ha intavolato le prime discussioni con la comunità internazionale per sostenere la ricostruzione del Paese. Giovedì Pechino ha annunciato l'invio di assistenza umanitaria a Kabul per 31 milioni di dollari e 3 milioni di vaccini contro il Covid-19.
Al consiglio di sicurezza dell'ONU, il rappresentante cinese ha definito fallimentare l'intervento militare in Afghanistan e ha invitato i rappresentanti della comunità internazionale a partecipare alla ricostruzione pacifica del Paese.
Posizioni analoghe sono state espresse dal presidente Xi Jinping durante una telefonata con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Il capo di Stato si è detto disposto a collaborare per ottenere pace e stabilità in Afghanistan. Merkel da parte sua ha auspicato una miglior comunicazione multilaterale con la Cina nell'ambito della stessa ONU.
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