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Telelavoro, da necessità a rivoluzione culturale

Lavorare da casa almeno un paio di giorni alla settimana potrebbe essere la soluzione del prossimo futuro, al di là di qualsiasi pandemia. tvsvizzera.it

Crescono i contagi da Covid-19, in molte nazioni si torna a parlare di lavoro da casa mentre i borghi fuori dalle grandi aree metropolitane si preparano ad una rivincita.

Questo contenuto è stato pubblicato il 01 dicembre 2021 - 08:52
Simone Della Ripa

La nuova crescita dei contagi in queste settimane in Europa, il rinnovato clima di emergenza, stanno riportando molti lavoratori, che solo da qualche mese avevano abbandonato le mura domestiche, a tornare ad operare da remoto.

Le grandi metropoli “si interrogano” sulla riorganizzazione di stili di vita, molti professionisti guardano al futuro di questa modalità lavorativa pensando a soluzioni abitative fuori dalle “zone industriali” e città più a misura d'uomo, finanche borghi, si prendono la loro rivincita tornando a popolarsi. Il territorio di confine che ruota attorno alla grande area metropolitana milanese, non fa eccezione.

Cesare Pozzoli, noto avvocato Giuslavorista di Milano ed esperto internazionale della materia, a tvsvizzera tuttavia è andato oltre calcoli, numeri che pure sono alti e che si intravedono in questi giorni nelle cronache giornalistiche, raccontando come questo modo di lavoro “emergenziale” si stia trasformando in una rivoluzione culturale che investe anche il territorio di frontiera, insubrico, ticinese.

Lo stesso avvocato Pozzoli è un convinto sperimentatore del lavoro agile: ci ha confessato di lavorare uno/due giorni alla settimana da Laveno Mombello sul lago Maggiore, precisamente dalla appena restaurata Villa Frascoli in cui è stata registrata l’intervista. Svolgere almeno in parte – spiega il legale meneghino - l’attività professionale da Laveno con la vista sul Golfo e sulle isole Borromee anziché dalla pur bella Milano, è davvero un’altra cosa.

Un recente rapporto di Assolombarda, associazione delle imprese che operano in Lombardia, ha fotografato il quadro prima e dopo la pandemia a livello internazionale – grazie ai dati della fonte più autorevole in materia, l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano - con anche un riferimento specifico all’area di Milano.

"I dati sulla diffusione dello smart working a Milano, nell’illustrare la capacità di adattamento di fronte al Covid-19 – si legge nel report - sono doppiamente evocativi di come l’utilizzo della città muti in funzione delle modalità di lavoro possibili e possa differire in termini spaziali anche in futuro. In parallelo, i dati sulla mobilità indicano come le persone hanno modificato i luoghi e le modalità di spostamento, invitando a domandarsi quali possano essere gli equilibri futuri nell’organizzazione del tempo, degli spazi e dei trasporti urbani”.

Se il dato si consoliderà anche nel dopo pandemia, si dovrà dire addio all'ufficio? Per il Giuslavorista milanese non è così perché il lavoro, spiega, è anche socialità e rapporti personali e questo genere di modalità non è produttiva e sostenibile se fatta esclusivamente da remoto, senza una sapiente alternanza.

Vista la situazione, che potrebbe comportare cambiamenti epocali, il tema del lavoro da casa è nelle agende politiche di molti governi proprio in queste ore. Nella vicina Italia il confronto sul cosiddetto lavoro agile – regolato dalla legge 81 del 2017 – ha permesso di stilare in questi giorni una nuova piattaforma di confronto tra il Governo italiano ed i sindacati.

Il contratto collettivo che verrà prossimamente stipulato indicherà la durata di questa modalità di lavoro, l'alternanza tra i periodi di lavoro all'interno e all'esterno dell'ufficio, i luoghi eventualmente esclusi per lo svolgimento della prestazione, gli strumenti di lavoro, i tempi di riposo e le modalità di controllo. Potrebbe essere l'inizio di una rivoluzione culturale.


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