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Perché alcuni svizzeri all’estero scelgono di tornare a casa

Keystone / Peter Klaunzer

Ogni anno, più di 20’000 svizzeri all'estero tornano a vivere in Svizzera. Alcuni devono, mentre altri scelgono di farlo. È il caso di due ex espatriati che SWI swissinfo.ch ha incontrato.

Questo contenuto è stato pubblicato il 23 giugno 2021 - 08:31

"Cinque minuti, non di più", risponde Danielle Brocard, quando le si chiede se ha mai rimpianto la decisione di tornare in Svizzera. Eppure, la 73enne svizzera ha trascorso la maggior parte della sua vita all'estero.

A neanche 18 anni, con un diploma di insegnante in tasca, parte alla scoperta del mondo. Siamo a metà degli anni '60 e la rivoluzione sociale è in corso. "Tutto era pulito, tutto era bello in Svizzera. Era troppo perfetto, mi annoiavo", dice la vodese. Prima va a Pisa per un anno e poi si trasferisce in Grecia per lavorare come insegnante privata per una famiglia. Ma nell'aprile 1967, un colpo di Stato porta al potere una giunta militare. La "dittatura dei colonnelli" ordina agli stranieri di lasciare il Paese entro tre giorni.

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Una vita all’avventura

Danielle Brocard (màd)

Danielle Brocard decide allora di andare a lavorare come volontaria in un kibbutz in Israele. Ma la Storia la insegue: lo scoppio della Guerra dei Sei Giorni le impedisce di realizzare i suoi piani. Ritorna in Svizzera per un po', prima di partire per Londra per un anno come tata.

Nata in una famiglia protestante da un padre socialista, Danielle cerca un senso nella vita. "Mi sono detta che ero su questa terra per fare qualcosa, non solo per mettere su famiglia e avere una casa". L’avventuriera torna in Italia, questa volta a Roma. Ed è lì che incontra l'uomo con il quale vive ancora oggi.

Dare un senso alla vita

Dopo aver messo al mondo due bambine, la coppia parte per Genova per seguire il lavoro del marito. "La mentalità dei genovesi è simile a quella degli svizzeri", dice. Danielle Brocard lavora come insegnante alla scuola svizzera e poi in una banca. Ma trova la sua vita "stupida" e sente che non corrisponde ai suoi ideali giovanili.

Così le viene l'idea di contattare l'associazione svizzera Terre des HommesLink esterno per proporle di sviluppare la sua organizzazione in Italia. Finalmente trova il suo cavallo di battaglia. Da più di 20 anni, questa donna energica non smette di organizzare attività per l'associazione, "sempre su base volontaria". Il suo lavoro è in banca, ma per Terre des Hommes si impegna per la comunità.

Danielle Brocard ha lavorato per più di 20 anni come volontaria in Italia per Terre des Hommes. (màd)

Il ritorno in Svizzera

Nel 2013 arriva il momento della pensione. Le ragazze sono adulte. Una vive in Svizzera, l'altra in Germania. "Così ho cominciato a chiedermi cosa avremmo fatto da soli a Genova". Dopo un paio di anni di riflessione, la decisione finale è di rientrare in Svizzera, a Losanna.

"Mi sono sempre mancate le montagne e la neve", ma ammette con una risata che, stranamente, suo marito ha avuto meno problemi di lei a integrarsi. "Mi ci è voluto un po' per prendere le distanze dall'Italia”, racconta. D'altra parte, a 73 anni alcuni degli aspetti che potevano darle fastidio in gioventù sono ormai diventati dei punti di forza: "Tutto è così facile qui rispetto all'Italia, non ricordavo quanto fosse straordinario il fatto che tutto funzioni! Finanziariamente parlando, Danielle Brocard ha dovuto adattarsi e "rinunciare a molte cose", perché "anche se non abbiamo mai buttato via i soldi", la vita in Svizzera è costosa per due pensioni italiane.

Dato che non ha una casa in Italia, ora ci va come turista. "È fantastico", confessa.

Alcuni decidono di tornare volontariamente, altri sono costretti a farlo, come Lotti Pfyl. Non perdete la sua storia:

L'Asia, una certezza

Anche Phil Guinand e sua moglie torneranno in Asia da turisti, dopo aver vissuto lì per oltre 40 anni, prima in Thailandia e poi a Singapore.

Phil Guinand et sua moglie. (màd)

Il desiderio di visitare luoghi sconosciuti è nel dna del 74enne svizzero. Nato in India da genitori svizzeri, trascorre la sua giovinezza tra il suo Paese natale, il Sud America e l'Africa. Tornato in Svizzera nel 1964, incontra la sua futura moglie, una donna indonesiana arrivata nella Svizzera francofona per motivi di studio. Ma presto "volevo andarmene di nuovo, mi annoiavo", dice.

Dopo due impieghi nell'industria farmaceutica, trova il lavoro dei sogni in Thailandia per una società svizzera. La famiglia con due figli si trasferisce nel Paese del sorriso nel 1971.

Poi, nel 1999, la crisi economica colpisce duramente l'Asia e Phil Guinand perde il lavoro. Non riuscendo a trovarne un altro per un anno, decide di tornare in Svizzera. "Era difficile affrontare le realtà dell'età e della vita lavorativa in Svizzera". Infatti, mentre in Occidente la gioventù è messa su un piedistallo, "gli anziani sono importante in Asia".

Alla fine trova lavoro a San Gallo, sempre nel settore farmaceutico, e copre dalla Svizzera tutti i territori del sud-est asiatico e del Pacifico. Ma dopo due anni di continui viaggi è sfinito. Così, nel 2006 propone al suo datore di lavoro di aprire un ufficio a Singapore. "A una certa età, Singapore è un buon compromesso, ma non è proprio l'Asia", dice.

"L'Asia non è più quella di una volta"

Raggiunta l'età della pensione, Phil Guinand e sua moglie decidono di trasferirsi in Indonesia. Ma si rendono subito conto che la qualità della vita non li soddisfa, soprattutto a causa dell'inquinamento e della difficoltà di spostarsi.

Phil Guinand e sua moglie in Indonesia, poco prima del loro ritorno in Svizzera. (màd)

Un ritorno in Svizzera diventa ovvio: "Non volevamo adattarci a un nuovo Paese asiatico. Per noi è stato più facile tornare in Svizzera. E aggiunge: "Forse anche perché non avevamo mai vissuto veramente in Svizzera. Alla fine, è anche una scoperta”.

Il settantenne si rammarica della crescente intercambiabilità dei luoghi. "Quando siamo partiti, la maggior parte dei Paesi asiatici erano in via di sviluppo. Oggi, con la globalizzazione, le differenze stanno svanendo. Lo spirito di avventura che c'era è svanito".

Acclimatazione

Come Danielle Brocard, Phil Guinand ha dovuto riadattarsi alla vita in Svizzera. Dopo aver vissuto per anni in un'altra cultura, "non si hanno gli stessi valori delle persone che vivono qui e viceversa". Ma anche lui ora apprezza gli aspetti che trovava sgradevoli in gioventù: "La calma e la sicurezza della Svizzera possono avere un lato noioso, ma hanno un valore".

È anche felice di vedere che "la Svizzera si è evoluta nella giusta direzione". La trova molto più aperta di una volta e i negozi non mancano, "cosa che non succedeva quarant'anni fa".

Perché gli espatriati ritornano?

Contenuto esterno

Dei 770’900 cittadini svizzeri che vivevano all'estero nel 2019, 23’965 hanno scelto di rientrare in patria. Le ragioni di questi rimpatri non sono documentate.

Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) e l'Organizzazione degli svizzeri all'estero (OSE) hanno avanzato diverse ipotesi. Secondo questi ultimi, sembrerebbe che la qualità delle cure e la copertura assicurativa, le crisi economiche locali e la mancanza di prospettive professionali, ma anche i soggiorni talvolta limitati (distacco professionale), giustifichino un ritorno nel Paese d’origine nella maggior parte dei casi. Tuttavia, l'OSE ammette di "non essere in grado di dare spiegazioni precise basate su cifre comprovate".

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