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I droni a prova d’urto che salvano vite umane

Con il robot volante è possibile ispezionare ciminiere, cisterne, tubi di aerazione o reattori, senza mettere in pericolo vite umane. Flyability

Impiegati da centrali nucleari, stabilimenti industriali, unità di polizia e corpi di pompieri, i droni di Flyability riescono a penetrare in luoghi inaccessibili, riducendo i rischi di incidenti per il personale, come pure i costi. I robot volanti della start-up losannese sono diventati in pochi anni uno degli emblemi del successo della “Drone Valley” svizzera. 

Questo contenuto è stato pubblicato il 13 febbraio 2019 - 11:00

“Dopo il terremoto di Haiti (2010) e la catastrofe nucleare di Fukushima (2011), si era dovuto costatare che i sistemi robotici non erano in grado di penetrare in ambienti complessi e destrutturati per esaminare la situazione o verificare la presenza di eventuali vittime. Ci eravamo quindi detti che doveva essere possibile mettere a punto un robot in grado accedere a luoghi isolati, caratterizzati da molti ostacoli e spazi esigui”, ricorda Patrick Thévoz. 

Il cofondatore di Flyability Patrick Thévoz. swissinfo.ch

Nel 2014 il giovane vodese e suo cugino Adrien Briod creano così FlyabilityLink esterno, a Losanna, convinti di poter raggiungere questo obbiettivo. Entrambi avevano conseguito pochi anni prima un master in microtecnica al Politecnico federale di Losanna (EPFL). Mentre Thévoz aveva poi lavorato per alcuni anni come consulente in strategia aziendale, Briod aveva proseguito le ricerche con un dottorato consacrato alla robotica volante. Due esperienze quindi perfettamente complementari per dare vita ad una start-up di successo, un’impresa tecnologicamente innovativa e in grado di conseguire una rapida crescita. 

L’esempio delle mosche 

“Per le nostre ricerche iniziali ci siamo ispirati a quanto fanno gli insetti, in particolare le mosche. Abbiamo cercato di capire, per diversi mesi, come le mosche riescono a volare in ambienti particolarmente difficili, a resistere agli urti, a non perdere il loro orientamento e a trovare una via d’uscita. Siamo giunti alla conclusione che occorreva quindi un oggetto abbastanza piccolo e leggero, in grado di correggere forti perturbazioni, di reagire alle collisioni e di mantenere una grande stabilità di volo”, spiega Patrick Thévoz. 

La “mosca” messa a punto dai due ingegneri vodesi si chiama Elios, un drone di 40 centimetri di diametro e del peso di 700 grammi, con un involucro sferico in fibra di carbonio, un sistema di illuminazione LED, una videocamera di alta risoluzione e una camera termica che permette, tra l’altro, di individuare la presenza di un corpo umano. L’apparecchio, guidato tramite un telecomando munito di un tablet, può muoversi in ambienti con temperature da 0 a 50 gradi e resistere a collisioni fino ad una velocità di 4 metri al secondo. 

“Ben presto ci siamo resi conto che per il nostro drone vi erano possibilità d’impiego soprattutto nel settore industriale, più che in quello umanitario, dato che, per fortuna, non vi sono spesso catastrofi naturali. Quando abbiamo pubblicato i primi video del drone, abbiamo riscontrato un grande interesse sul mercato dell’ispezione industriale, soprattutto da parte di imprese attive nel campo della chimica, del petrolio, dell’elettricità o delle canalizzazioni”, aggiunge il Ceo di Flyability. 

Ridurre i rischi per l’uomo 

Nel 2015, un anno dopo la sua nascita, la start-up vince il primo premio, di un valore di 1 milione di franchi, al concorso “Drones for goodLink esterno” indetto a Dubai per ricompensare il miglior progetto di sviluppo di un drone che permette di migliorare la vita quotidiana, al servizio della popolazione o dell’ambiente. Un trampolino di lancio ideale per la giovane impresa vodese che riesce così a farsi conoscere a livello internazionale e ad attirare i finanziamenti necessari per commercializzare il proprio prodotto. 

Il cammino dai primi prototipi fino a un prodotto commerciale non è stato privo di ostacoli, sottolinea Patrick Thévoz, ma oggi Flyability conta già oltre 300 clienti in tutto il mondo. Il suo drone viene utilizzato soprattutto per l’ispezione di stabilimenti industriali, per i quali è necessario verificare regolarmente lo stato di impianti e apparecchiature. Elios riesce a penetrare in luoghi difficilmente accessibili, fornendo informazioni precise su eventuali fenditure, processi di corrosione o altri danni provocati dall’usura del tempo, da fenomeni naturali o sostanze chimiche. 

Un impiego quindi non prettamente umanitario, ma che consente spesso di non mettere a repentaglio vite umane. “Vi sono numerosi impianti in cui le ispezioni umane comportano grandi rischi di incidenti o di un’esposizione a gas o altre sostanze pericolose per la salute, come nel caso di cisterne di raffinerie o di un generatore di vapore di una centrale nucleare. L’anno scorso, ad esempio, un nostro drone è stato utilizzato per l’ispezione di un impianto elettrico, dopo che diverse persone erano morte in seguito al crollo di un’impalcatura eretta per un’ispezione umana. 

Maggiori norme di sicurezza 

Impiegato in decine di paesi, Elios è riuscito ad occupare una nicchia di mercato a livello internazionale. “Oggi i nostri concorrenti sono più che altro le impalcature e le ispezioni umane”, rileva Patrick Thévoz. La più forte domanda è giunta finora dagli Stati uniti e dall’Europa, ma anche da diversi paesi emergenti, in particolare in Asia. “In paesi come la Cina vi è un’enorme infrastruttura industriale, che necessita di ispezioni, e vi è sempre più la volontà di applicare norme di sicurezza per il personale, che si avvicinano agli standard occidentali”. 

Ma il drone della start-up losannese non interessa solo il settore industriale. Tra i suoi clienti vi sono, ad esempio, unità di polizia, come il corpo di élite francese RAID, specializzato in operazioni contro il banditismo e il terrorismo. Oppure vigili del fuoco e agenti di assicurazione, che devono penetrare in un edificio dopo un incendio per valutare responsabilità o danni. Flyability non intende invece vendere i suoi robot volanti per scopi militari. “Non vogliamo che servano da arma, ma da strumento di osservazione per evitare a qualcuno di esporsi a pericoli”. 

Prodotto della Drone Valley 

Tra le principali sfide per Patrick Thévoz e Adrien Briod vi è ora quella di adeguare continuamente la struttura della start-up alla rapida crescita delle attività e del personale – oggi oltre una settantina di collaboratori, un po’ stretti nei locali della sede di Losanna. Nello sviluppo dell’impresa ha svolto un grande ruolo l’EPFLLink esterno, non solo per il lavoro di dottorato, da cui è nato il primo prototipo del drone. 

“L’EPFL ha svolto per noi anche un ruolo di incubatore, in quanto offre diversi programmi che permettono agli studenti e ai diplomati di avviare più facilmente una start-up. E ancora oggi possiamo collaborare con questa istituzione per dei progetti di ricerca fondamentale. Inoltre, rappresenta un enorme magnete che attira talenti da reclutare e imprenditori con i quali scambiare le proprie esperienze e genera un vero e proprio ecosistema per start-up come la nostra”, sottolinea Patrick Thévoz. 

Attorno al Politecnico federale di Losanna, come pure a quello di Zurigo, è cresciuta nel giro di pochi anni la “Drone Valley” svizzera, che conta ormai un’ottantina di imprese. Flyability rappresenta oggi uno dei principali emblemi del suo successo. “È chiaramente un vantaggio poter avere attorno a noi diverse imprese attive nello stesso settore, con le quali si creano delle collaborazioni, ma anche uno spirito di emulazione. L’esistenza di una Drone Valley rafforza inoltre la credibilità delle stesse imprese e la fiducia degli investitori e dei clienti nei confronti del nostro lavoro”.  

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