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Social media e politica, relazioni pericolose

Filtri e algoritmi utilizzati per far passare i messaggi e denigrare gli avversari

Questo contenuto è stato pubblicato il 20 novembre 2016 - 21:17

Che il rapporto tra politica e social media stia diventando sempre più importante ce lo hanno segnalato anche le recenti elezioni presidenziali statunitensi. Per raggiungere vasti strati di popolazione, soprattutto quella costituita dalle nuove generazioni che guardano poca tivù e non leggono i giornali in formato cartaceo, il web costituisce un vettore fondamentale e i politici se ne sono accorti.

In questo senso assumono un ruolo rilevante i cosiddetti "bubble filter" (filtro bolla), vale a dire quegli algoritmi che selezionano gli oggetti visibili ai singoli utenti, in base alle loro abituali navigazioni in rete. E la politica ha imparato ad usarli, con fini non del tutto encomiabili. Da una parte, osservano gli esperti, si assiste a una polarizzazione e a una semplificazione dei messaggi, aspetti questi che garantiscono una maggiore efficacia della comunicazione ma nel contempo contribuiscono ad esacerbare il clima.

E dall'altra si stanno diffondendo sempre più, senza i tradizionali controlli esistenti nei media tradizionali, vere e proprie bugie nel dibattito politico, che raggiungono lo scopo di screditare ad arte tesi e politici avversari, tanto che lo stesso inventore di Facebook Mark Zuckerberg ha riconosciuto l'esistenza del problema.

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