Un americano a Roma, 60 anni dopo
di Massimo Donelli
Ricordate Un americano a RomaLink esterno, immortale capolavoro in bianco e nero di StenoLink esterno magistralmente interpretato da Alberto SordiLink esterno? Leggendo la tramaLink esterno del film (anno 1954) sulla bibbia del cinema mondiale, IMDbLink esterno (The Internet Movie Database), non sfugge, sessant'anni dopo, una curiosa somiglianza tra il protagonista, Nando MoriconiLink esterno, e l'attuale presidente del Consiglio, Matteo RenziLink esterno.
Come Nando anche Matteo si sforza di parlare in inglese
.
Come Nando anche Matteo
, chiodo (ossia giubbotto di pelle) incluso.
Come Nando anche Matteo cammina alla John WayneLink esterno.
"His life is a complete parody of the real american way of life, which he couldn't ever get" ("La sua vita è una completa parodia dello stile di vita americano, che non potrà mai raggiungere"): così IMDb descrive Nando. E con le stesse parole potremmo ben descrivere Matteo, fan di Barack ObamaLink esterno almeno quanto lo è della FiorentinaLink esterno.
The smoking gun (la pistola fumante, ossia la prova), come direbbe lui?
Il linguaggio del governo.
Ereditato da Mario MontiLink esterno l'anglicismo spending review (revisione della spesa), Matteo ci ha aggiunto di suo il jobs act (legge sul lavoro) e, non pago, nei giorni scorsi ha tirato fuori l'investment compact (ossia un pacchetto di misure fiscali per le piccole e medie imprese).
La domanda è: perché?
Perché un concittadino di Dante AlighieriLink esterno usa una lingua straniera nel momento stesso in cui è alla guida della nazione? Non sente il bisogno di difendere e valorizzare l'italiano, ricco di vocaboli come pochi idiomi al mondo, amatissimo ovunque anche grazie alla lirica, simbolo primario dell'eleganza e dello stile?
Non c'è traccia negli atti governativi francesi e tedeschi di parole inglesi. E si capisce!
Nicolas SarkozyLink esterno ha reso celebre nel mondo la ruptureLink esterno. Angela MerkelLink esterno la Große KoalitionLink esterno. Né l'uno né l'altra hanno sentito il bisogno di cercare il sostantivo corrispondente nell'Oxford Dictionary of EnglishLink esterno.
Ovvio, no?
Ovvio, certo.
Ma, a quanto pare, non in Italia.
Provincialismo o paraculismo quello di Renzi?
Un mix, probabilmente.
L'inglese lo fa sentire giovane, figo, moderno, anzi up to date, come direbbe lui. E gli permette di vendere meglio la rottamazione.
Infatti, con il suo inglese sembra dire: "Vedete? Io sono il cambiamento, la novità: guardo e parlo al mondo e non al teatrino della politica, quello che vi ha ammorbato per mezzo secolo con le convergenze paralleleLink esterno o gli equilibri più avanzatiLink esterno".
Una furbata, quindi.
Perfettamente in linea con il personaggio: basti pensare al codicillo fiscaleLink esterno a favore di Silvio BerlusconiLink esterno, scritto volutamente in burocratese incomprensibile, maldestramente inserito alla chetichella in un provvedimento approvato alla vigilia di Natale, quando tutta l'attenzione era concentrata sul jobs act (appunto…).
Ci sarebbe da sorridere (amaro) come in Un americano a Roma se non fosse che l'OcseLink esterno (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha da poco certificato una realtà drammatica: venti ragazzi su cento fra quanti frequentano le scuole superiori non sanno l'italianoLink esterno.
Ecco, forse il presidente del Consiglio, che ha per moglie un'insegnante, dovrebbe riflettere su questo dato imbarazzante.
E agire, nonché parlare, di conseguenza….
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