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Le opzioni dell’Italia e dell’Ue per fermare il traffico di esseri umani dalla Libia

Laura Canali

Di Giorgio Cuscito (Limes)

Questo contenuto è stato pubblicato il 22 aprile 2015 - 16:01

L’instabilità del paese africano lo rende uno snodo fondamentale per il flusso di migranti. Maggiori sforzi economici e operativi da parte di Bruxelles sono necessari, ma senza un governo d’unità nazionale nell’ex colonia italiana difficilmente il problema può essere risolto.

L'ennesimo e tragico naufragio che ha portato alla morte di oltre 800Link esterno migranti al largo delle coste della Libia domenica 19 aprile sta spingendo l'Ue a ripensare la propria strategia per fronteggiare il problema del traffico di esseri umani provenienti da Africa e Medio Oriente. Proprio mentre lunedì 20 aprile a Lussemburgo si riunivano i ministri degli Esteri dei paesi europei per discutere del problema, un altro barcone si è distrutto a largo della GreciaLink esterno, contribuendo ad alimentare il dibattito sulla questione.

Secondo l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UnhcrLink esterno), nel 2014 219 mila persone hanno attraversato il Mar Mediterraneo e almeno 3.500 persone sono morte in queste acque. Nel 2015, più di 36 mila rifugiati e migranti hanno raggiunto le coste del Sud dell'Europa e, se il bilancio dell'ultima strage a largo della Libia fosse confermato, oltre 1.600 persone avrebbero perso la vita.

L'emergenza migranti non riguarda solo l'Italia e i paesi dell'Europa del Sud come Malta, Grecia e Spagna. Il problema interessa anche quelli del Nord, per esempio Germania, Svezia, Norvegia e Gran Bretagna, dove molti clandestini cerano di andare sperando in condizioni di vita migliori.

Giovedì 24 aprile si terrà una sessione straordinaria del Consiglio europeo per discutere dell'effettiva utilità della missione europea Triton nel Mar Mediterraneo e vagliare le opzioni per porre rimedio al problema dei migranti.

Triton e Mare Nostrum

La tragedia a largo delle coste libiche ha attirato numerose critiche sulla missione europea TritonLink esterno, che qualche mese fa ha sostituito Mare NostrumLink esterno, condotta dall'Italia. Le due operazioni sono notevolmente diverseLink esterno.

Mare Nostrum è iniziata nell'ottobre 2013 in seguito al naufragio nei pressi di Lampedusa (che ha mietuto oltre 360 vittime) ed è durata circa un anno. Il suo scopo era garantire la vita in mare e arrestare gli scafisti. A tal fine, le navi impegnate potevano spingersi a ridosso delle coste libiche. Mare Nostrum era considerata dal governo italiano eccessivamente costosa (9 milioni di euro al mese) e a Bruxelles si pensava che incoraggiasse il traffico di esseri umani anziché arginarlo. Perciò nel novembre 2014 l'Ue ha posto in essere Triton, che costa circa 3 milioni di euro al mese ripartiti tra i paesi membri e ha il compito di controllare le frontiere marittime - ma non di salvare le vita umane. Al momento, le sue navi operano entro le 30 miglia dalle coste italiane, senza intervenire nei pressi della Libia. Dalla sua attuazione il flusso di migranti non è diminuito e sono aumentate le mortiLink esterno in mare.

I parametri della missione non paiono adeguati all'emergenza umanitaria in corso. Al vertice congiunto dei ministri degli Esteri e dell'Interno dell'Ue è stato proposto un piano d'azione in dieci puntiLink esterno per rispondere alla crisi umanitaria. Questi includono: l'aumento del numero di finanze a disposizione di Triton; l'estensione dell'area d'intervento della missione; uno sforzo sistematico per catturare e distruggere i barconi usati dai trafficanti.

L'Italia, il traffico di esseri umani e il nodo libico

L'Italia, per via della sua posizione strategica al centro del Mar Mediterraneo, è un punto di approdo privilegiato per i migranti che desiderano raggiungere l'Europa. Questi provengono dall'Africa e dal Medio Oriente e fuggono dalla povertà e dalle guerre in corso nei paesi di origine. Basti pensare che, secondo le testimonianze di alcuni sopravvissutiLink esterno, tra i migranti naufragati pochi giorni fa non vi sarebbero stati solo cittadini libici, ma anche persone provenienti da SomaliaLink esterno (dove opera al Shabaab), Siria (in piena guerra civile e dove è attivo lo Stato IslamicoLink esterno), Sierra Leone, MaliLink esterno, Senegal, Gambia, Costa d'Avorio, Etiopia, Eritrea e Bangladesh.

Tra questi instabili teatri, il caso della LibiaLink esterno è per l'Italia quello geostrategicamente più importante: uno Stato fallito segnato dalla guerra civile, rifugio di organizzazioni criminali e terroristiche, a 350 chilometri a Sud dalle coste della Penisola, e uno dei principali fornitoriLink esterno di gas e petrolio di Roma. In Libia i due governi rivali di Tobruk (a Est, guidato da Abdullah al-Thani), risultante dalle elezioni dello scorso giugno, e di Tripoli (a Ovest, guidato da Omar al-Hassi), nato con la precedente assemblea transitoria, non riescono a dialogare. Il primo è riconosciuto internazionalmente, ma la Corte suprema libica ha dichiarato nulle le elezioni dello scorso giugno, delegittimandolo. Nella coalizione che sostiene al-Hassi vi sono delle componenti estremiste (si pensi all'alleanza di convenienza con Ansar al Sharia), ma non ne costituiscono il nucleo. Alcune di queste si servono dei traffici di migranti per finanziare altre attività criminali. In più, qualche tempo fa in Libia gruppi jihadisti hanno rivendicato la loro affiliazione allo Stato Islamico (Is) di Abu Bakr al Baghdadi, anche se non è chiaro quanti siano i miliziani (forse qualche centinaia) e quanto stretto sia il loro rapporto con il nucleo attivo in Iraq e Siria. Ad ogni modo, nell'ex colonia italiana l'Is non controlla tutto il territorio e convive con altri gruppi terroristici.

Il caos che regna in Libia è una manna per le organizzazioni criminali internazionali che, collaborando con le milizie locali, lucrano sul traffico di esseri umani. Il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi ha esclusoLink esterno per il momento un intervento di terra nel paese africano e il blocco navale per impedire ai barconi di raggiungere le coste italiane. Del resto, un intervento terrestre in assenza di una soluzione politica che conferisca stabilità al paese sarebbe eccessivamente rischiosoLink esterno se non controproducente. Renzi, tuttavia, ha detto che potrebbero essere effettuati degli "interventi mirati" contro gli scafisti.

Un più ampio coinvolgimento di tutti i paesi dell'Ue, sia nel contrasto al traffico di esseri umani sia nell'accoglienza dei rifugiati, pare indispensabile. Tuttavia, qualunque sforzo in tal senso non può prescindere dalla stabilizzazione della Libia. Qui, solo un governo d'unità nazionale che collabori con i paesi africani confinanti, l'Italia e l'Ue potrebbe interrompere il flusso di migranti. Ad ogni modo, Tobruk e Tripoli hanno posizioni molto distanti e appoggiare la prima (come stanno facendo Occidente e, tra gli altri, Emirati Arabi Uniti ed Egitto) potrebbe prolungare il conflitto. Per questi motivi, bisognerebbe promuovere con maggiore enfasi il dialogo tra le due parti. Altrimenti, il nodo della Libia e il traffico di migranti che da qui origina non potranno essere risolti nel breve periodo.

Per approfondire: Libia: Com'è (im)possibile sbarcare di nuovo sulla Quarta SpondaLink esterno

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