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La "fenomenologia" di Checco

tvsvizzera

di Aldo Sofia

Questo contenuto è stato pubblicato il 07 gennaio 2016 - 09:50

"Ah, allora anche tu…", un po' di imbarazzo, un sorriso tirato, e l'inatteso conoscente che cerca una risposta che vorrebbe essere plausibile: "Beh, se ha tanto successo vorrei capire perché". Scambio di battute carpite in una sala cinematografica. Alla proiezione di "Quo Vado?", di e con Luca Medici, in arte Checco Zalone. Il miglior debutto che il cinema italiano abbia mai conosciuto, quasi sette milioni di euro il primo giorno, che alla fine, dicono le previsioni, di un successo da cinquanta milioni.

Un tempo ci fu la "Fenomenologia di Mike Bongiorno" scritto da Umberto Eco. E nel profluvio di articoli commenti al film che di questi tempi riempie i cinema della Penisola qualcuno scommette che fra non molto dovrà pure arrivare una fenomenologia (termine coniato dal filosofo tedesco di origine svizzera Johann Heinrich Lambert) per l'artista che batte tutti i primati di pubblico, conquistatore assoluto dei botteghini, stracciando anche "Harry Potter" e il ritorno di "Star Wars".

Non so poi se e quanto i due amici dell'inizio abbiano "capito" e si siano divertiti durante i novanta minuti di una pellicola che immancabilmente divide critici, registi, produttori, e garruli politici, tutti impegnati e divisi in una gara di zuccherosi elogi o di pensose stroncature. Chi mette davanti a tutto le cifre ("il pubblico ha sempre ragione"), chi l'essenza popolare del personaggio-artista ("sa parlare alla gente perché parla come la gente comune e sa scrutare l'animo più profondo della nostra anima"), chi la presunta lezioncina politica ("lui é un puro, e ne ha per tutti").

E c'è poi chi, sul fronte opposto, ne sottolinea i difetti narrativi ("gag premasticate dalla televisione"), l'eccessiva esuberanza del protagonista ("una fisicità usata ossessivamente"), la mancanza di lettura sociale del contemporaneo ("nulla di paragonabile alla divertente e amara ferocia di un Sordi o di un Paolo Villaggio nel denunciare i difetti del paese"), e addirittura il rimprovero di far male al cinema italiano ("incasserà moltissimo in patria, ma è un prodotto di terz'ordine impossibile da vendere all'estero").

Ciuascun spettatore sceglierà naturalmente la sua "scola di pensiero" sul fenomeno Zalone. Comunque abile, in modo addirittura sospetto, anche nel politically correct: lo sberleffo allo statale incollato ai suoi piccoli (e meno piccoli) privilegi del "posto fisso" che piacerà a destra; la scoperta e l'accettazione di un mondo multicolore e multiculturale che incoraggerà a sinistra; e quello spruzzo di solidarietà caritatevole che non dispiacerà certo al paese delle mille associazioni umanitarie. Una frecciata Renzi sugli effetti del jobs act e sulla precarietà del lavoro, e un mini-siluro ai vocianti teorici dell'invasione straniera dell'Italia.

Dice, sornione, il co-autore di "Quo vado?", Gennaro Nunziante: "la critica deve fare la sua parte. Ma sbaglia quando vorrebbe imporci quella commedia cinica e moralista del boom economico, che era un altro mondo". E qual è il mondo di oggi? Lo abbiamo quotidianamente sotto gli occhi. Ma forse, per capirlo, dovremo appunto attendere un novello Umberto Eco che ci spieghi la "Fenomelogia di Checco".

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