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L’etichetta nera della politica italiana

tvsvizzera

di Massimo Donelli

Questo contenuto è stato pubblicato il 19 febbraio 2014 - 12:01

Giorgio Forattini, matita principesca della satira politica italiana, raffigurava su la Repubblica Bettino CraxiLink esterno (1934-2000), segretario del Partito socialista italiano (PSI) dal 1976 al 1993, in camicia nera e stivaloniLink esterno: una versione moderna di Benito MussoliniLink esterno (1883-1945).

Claudio Rinaldi (1946-2007), direttore de l'Espresso dal 1991 al 1999, usò un fotomontaggio per la copertina del 5 dicembre 1993 che ritraeva Silvio Berlusconi sorridente e con il fez fez fascistaLink esterno dopo che pochi giorni prima, il 23 novembre, inaugurando un ipermercato a Casalecchio di Reno (Bologna), il cavaliere aveva fatto l'endorsement di Gianfranco Fini, allora segretario del Movimento sociale italiano (MSI), candidato sindaco di Roma (poi vinse Francesco RutelliLink esterno).

Nicholas Farrel, giornalista inglese che vive in Italia, nel marzo 2013 ha scritto un articolo sull'antico (1828) settimanale britannico The Spectator intitolato "Beppe Grillo: Italy's new Mussolini"Link esterno illustrato da una vignetta che ritrae Grillo sia con il fez che con la camicia nera, quasi un… riassunto iconografico dell'accoppiata Craxi-Berlusconi di cui sopra.

Un filo nero, quindi, lega tre personaggi diversissimi fra loro, ma che a ben vedere, hanno almeno un tratto comune.

Comunque la si pensi, infatti, su Craxi, Berlusconi e Grillo, nessuno può negare che ciascuno di loro, in tempi diversi, quasi con un'ideale staffetta, abbia avuto l'effetto del sasso gettato nello stagno della politica italiana.

Craxi smarcò il PSI dal Partito comunista italiano (PCI), mettendo in discussione l'egemonia del PCI sulla sinistra.

Berlusconi sdoganò la destra di Fini, che portò al governo (1994) assieme alla Lega di Umberto Bossi.

E Grillo ha disarticolato il duopolio centrosinistra-centrodestra, facendo del Movimento 5 stelle il partito più il partito più votato in ItaliaLink esterno.

Non basta.

Un socialista anticomunista, un imprenditore politico e un comico capopopolo rappresentano, ciascuno e assieme, una vistosa anomalia, oltreché un bell'impiccio, per la tradizione consociativa della politica italiana.

Tre figure politicamente (appunto) scorrette, che, tuttavia, ripetiamolo, sono diversissime l'una dall'altra, per storia personale, idee, pratica parlamentare ed extraparlamentare.

Eppure tutte e tre, in tempi diversi, si sono viste appiccicare la stessa etichetta nera: quella del fascismo.

Come è stato (e com'è…) possibile?

Siamo in presenza di un riflesso antico, che ha già colpito in passato anche Indro Indro MontanelliLink esterno (1909-2001) quando, da direttore de il Giornale, navigava (per citare il titolo della sua rubrica più famosa) controcorrente.

Un riflesso che ora, anno di grazia 2014, è scattato puntualmente per colpire l'ultimo sasso lanciato dalla Storia nella palude della politica tricolore.

Infatti, anche il segretario del Pd, Matteo RenziLink esterno, sabato 15 febbraio è finito ritratto in total look fascista sulla prima pagina di LiberoLink esterno, quotidiano di…centrodestra. E, peraltro, Renzi era già stato accusato a sinistra di essere autoritarioLink esterno per il piglio craxian-berlusconiano (toh…) con cui sta guidando il cambiamento del Pd e per i modi spicci con cui ha buttato via la vecchia cristalleria di famiglia (politica).

Conclusione: il mito dell'uomo forte resiste a distanza di 69 anni dall'uscita di scena di Mussolini. E con il mito resiste anche la paura dell'uomo forte.

Quando si libererà dell'uno e dell'altra, forse l'Italia potrà davvero voltar pagina.

Già, ma quando?

Massimo Donelli

massimo.donelli@usi.ch

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