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Expo? Flop nel 2015, bluff nel 2016

tvsvizzera
Questo contenuto è stato pubblicato il 08 novembre 2016 - 12:41
Massimo Donelli

L'Expo 2015Link esterno?

Un simbolo del made in ItalyLink esterno.

Nel bene.

E nel male.

Il bene è presto detto.

Lo scorso anno, per sei mesi, da maggio a ottobre, il BelpaeseLink esterno ha messo in mostra i suoi gioielli: arte, designLink esterno, cultura, cibo, grande ristorazione, fashionLink esterno

Petto gonfio, applausi, inno nazionale, un po' di sano sciovinismo.

E premio finale per Giuseppe SalaLink esterno, detto Beppe, passato in men che non si dica dalla poltrona di commissario a quella di sindaco.

Evviva!

Il male?

Il male c'è, eccome.

Ma se ne parla poco.

Quasi niente.

Con fastidio.

Eppure è merce attualissima.

Vediamo…

Tanto per cominciare, passato un anno intero, non si è fatto nienteLink esterno.

Niente.

Un milione e centomila metri quadriLink esterno perfettamente raggiungibili con i mezzi pubbliciLink esterno da Milano sono lì inutilizzati.

Certo, c'è il progetto Human TechnopoleLink esterno, voluto fortemente da Matteo RenziLink esterno in persona: un grande centro di ricerca guidato dal direttore dell'Istituto italiano di tecnologiaLink esterno, il professor Roberto CingolaniLink esterno

E, certo, c'è anche il progetto di realizzare lì il nuovo campusLink esterno dell'Università statale di MilanoLink esterno.

Ma, come nel gioco delle tre carteLink esterno (altra specialità made in Italy), nel testo ufficiale della legge finanziaria inviato al QuirinaleLink esterno se i fondi per Human Technopole ci sono (628 milioni, più gli 80 già stanziati, fino al 2022; 140 milioni dal 2023 in poi), quelli per il campus (138 milioni) sono sparitiLink esterno.

Non basta.

Ci sarebbe da chiudere la Expo 2015 SpaLink esterno.

Ma servono 23 milioni e 690 mila euro.

Il governo ne aveva promessi 9.

E anche quelli sono stati cancellati.

Così come non è stato nominato un commissario straordinario liquidatore.

Ora, a parte il rischio (concreto) del fallimento, l'aspetto più inquietante riguarda aziende e lavoratori: dodici mesi dopo la chiusura, infatti, in molti debbono ancora essere saldati.

Brutta faccenda.

Così, smascherato il bluffLink esterno e piovute da Milano critiche e minacceLink esterno, il governo ha immediatamente riaperto l'ombrello delle promesse.

Stavolta il cerino, pardon il manico, è rimasto in mano al sottosegretario Claudio De VincentiLink esterno, non proprio un esponente di primo piano della squadra renziana.

Intervistato dal Corriere della sera, De Vincenti ha sdrammatizzato facendo su una bella insalata di parole.Link esterno

Cui, naturalmente, si spera seguano i fatti ("Link esternoNon possiamo permetterci tempi morti" ha avvertito SalaLink esterno).

Ma, per ora - stando ai fatti, appunto - non c'è un euro.

Mica è finita.

Il quadro, già così triste, è divenuto addirittura tragico quando, negli stessi giorni della manfrina governativa, l'Expo 2015 è stato sporcato da velenosi liquami gudiziari.

Luigi FerrarellaLink esterno, che sul Corriere della seraLink esterno racconta le inchieste penali con rigore e imparzialità, ha cominciato così il suo articolo intitolato "Irregolarità nell'appalto Expo. Deregulation per fare in fretta"Link esterno: "«Nonostante gli sforzi investigativi non si è giunti a provare l'esistenza» di tangenti, anche se «nell'aggiudicazione del principale appalto di Expo 2015», la «Piastra» da 272 milioni sulla quale sono stati costruiti i padiglioni, «vi sono state numerose anomalie e irregolarità amministrative sia nella fase della scelta del contraente» (la Mantovani che nel 2012 vinse con un ribasso del 42% sulla base d'asta, «non idoneo neppure a coprire i costi»), sia «nella fase esecutiva del contratto», quando le originarie obbligazioni contrattuali furono «modificate consentendo all'appaltatore di entrare in una anomala trattativa "al rialzo" con il committente, ponendo come contropartita la cessazione dei lavori, la cancellazione dell'evento e la credibilità del Paese»".

Capito?

E non è tutto.

Ancora Ferrarella: "Il manager Expo Carlo Chiesa, sui «rapporti che Sala intratteneva con il presidente della Mantovani», nel 2014 disse ai pm che «Sala ripeteva che "in questo contesto l'unica cosa che non manca sono i soldi", facendo capire la disponibilità della stazione appaltante a liberare risorse a favore dell'appaltatrice» Mantovani (a cui fu ad esempio affidata per 4,3 milioni la fornitura di 6.000 alberi che le costarono in realtà 1,6 milioni). E sulla scelta di Expo di non fare la verifica di congruità sull'offerta ribassata del 42% da Mantovani, è l'ex manager Ilspa Rognoni ad aver affermato nel 2014 che «Sala mi rispose» che l'orientamento era non farla «perché non avevamo tempo per poter verificare se l'offerta fosse anomala»".

Insomma, pur di fare in fretta non si è badato a spese.

Letteralmente.

Salvo che, come abbiamo visto, i conti non tornano.

Per nulla…

Lo sospettavamo da tempo.

Lo abbiamo anche scrittoLink esterno.

Giusta intuizione, purtroppo.

Ma, come sempre, non tutti i mali vengono per nuocere.

Ora, per esempio, risulta chiaro perché il bilancio finale dell'Expo 2015Link esterno è stato avvolto a lungo nel mistero: a livello cassa, trattasi di flopLink esterno.

E la colpa di chi è?

Beh, fate voi…

Segui @massimodonelliLink esterno

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