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Hamas non accetta la tregua con Israele e lo scontro a Gaza prosegue

Carta di Laura Canali

di Giorgio Cuscito (Limes)

Questo contenuto è stato pubblicato il 16 luglio 2014 - 17:57

L'organizzazione palestinese rifiuta il piano di tregua proposto dall'Egitto e accettato da Gerusalemme. Netanyahu non esclude l'intervento di terra nella Striscia. La difficile mediazione del Cairo e il dialogo Usa-Iran influenzano il conflitto.

A circa una settimana dall'inizio dell'Operation protective edge, la missione lanciata da Israele per colpire Hamas e porre fine al lancio di razzi dalla Striscia di Gaza verso lo Stato ebraico, gli scontri proseguono.

Dal rapimento dei giovani israeliani alla possibile invasione terrestre

La miccia che ha innescato il nuovo ciclo di violenze è stata il rapimento e l'uccisione lo scorso mese di tre ragazzi israelianiLink esterno in una colonia vicino Hebron. Gerusalemme sospetta che i responsabiliLink esterno siano degli esponenti della tribù dei Qawasameh, legati ad Hamas ma non punti di riferimento dell'organizzazione.

Dall'8 luglio, circa 200 palestinesi sono rimasti uccisiLink esterno (il 75% sono civili) nei bombardamenti israeliani. Nello Stato ebraico si registra una vittimaLink esterno, ma la maggior parte dei razzi lanciati dalla striscia di Gaza verso centri abitati come Tel Aviv e Gerusalemme è intercettata dal sistema antimissilistico israeliano Iron DomeLink esterno. Israele afferma di aver abbattutoLink esterno anche un drone di Hamas in prossimità del porto di Ashod, 25 chilometri a Nord da Gaza.

Martedì 15 luglio, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha accettato la proposta di cessate-il-fuocoLink esterno avanzata dall'Egitto. Anche il presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), che a giugno ha formato un governo di unità nazionaleLink esterno che unisce al Fatah e Hamas, si era detto favorevole alla proposta. La seconda organizzazione afferma di non aver ricevuto il documento ufficiale. La sua ala armata, la brigata al Qassam, ha respinto la tregua dicendo che la lotta contro il nemico continuerà con maggiore ferocia e intensità.

Le condizioniLink esterno di Hamas per il cessate-il-fuoco sono chiare: Gerusalemme deve interrompere l'embargo marittimo e consentire il libero accesso al mare; devono essere liberati i centinaia di suoi attivisti arrestati durante le ricerche dei tre ragazzi israeliani; il Cairo deve allentare le restrizioni al passaggio di persone e merci attraverso il valico di Rafah tra Gaza e l'Egitto. Questo, chiuso dopo la deposizioneLink esterno del presidente egiziano Mohammed Morsi per evitare il passaggio di militanti islamici da un territorio all'altro, è stato riapertoLink esterno pochi giorni fa per consentire l'evacuazione di feriti e l'ingresso nel territorio palestinese di personale medico.

Il fallito tentativo di cessate-il-fuoco evidenzia la fragilità del nuovo governo di Abu Mazen. Invece, l'assassinio dei tre ragazzi israeliani suggerisce le difficoltà di Hamas nel gestire i numerosi gruppetti jihadisti attivi sul territorio palestinese.

Israele non esclude l'ipotesi di un attacco via terra per distruggere definitivamente i razzi a lunga gittata di Hamas, probabilmente fabbricati in IranLink esterno. Una mossa rischiosa per l'esercito israeliano, che perderebbe il vantaggio competitivo offerto dai bombardamenti e consentirebbe all'organizzazione palestinese di far valere le proprie abilità nella guerriglia tramite attacchi suicidi, utilizzo di esplosivi improvvisati, missili anti-carro armato e la presa di ostaggi. Ciò prolungherebbe certamente lo scontro.

Il quadro regionale

Il rapporto tra Egitto, tradizionale mediatore del conflitto israelo-palestinese, e Hamas è problematico. Questa è una costola dei Fratelli Musulmani, i quali erano alla guida del governo egiziano prima del golpeLink esterno dello scorso anno. Oggi, il Cairo sostiene che l'organizzazione palestinese abbia appoggiatoLink esterno militanti islamici nel Sinai egiziano. Per questo a marzo ha distruttoLink esterno una rete di tunnel che collegava la penisola a Gaza, consentendo il passaggio di uomini e armi da un territorio all'altro. Per Hamas, che imponeva una tassa sul transito, questa rappresentava un'importante fonte d'introiti. Tutto ciò complica il dialogo tra le parti e spiega in parte la riluttanza dell'organizzazione palestinese ad accettare la tregua.

A pesare è poi il caos in cui verte il Grande Medio Oriente (guerra civile in SiriaLink esterno, l'avanzata di IsLink esterno e il declino del governo di al Maliki in IraqLink esterno, la disintegrazione della LibiaLink esterno) e, soprattutto, il disgelo tra l'Iran di Hassan Rohani e UsaLink esterno, impegnati nei negoziati per lo smantellamento del nucleare di Teheran. Un riavvicinamento tra questi due paesi potrebbe incidere sul rapporto tra Washington e Israele e Arabia Saudita, tradizionali alleati degli Usa e antagonisti dell'Iran. Gerusalemme teme che un giorno Teheran possa sostituirlaLink esterno nel ruolo di prima potenza regionale.

L'avvicinamento al 20 luglio, deadline per i negoziati tra Iran e i paesi del 5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia e Germania), potrebbe aver avuto un certo peso nell'intensificazione degli attacchi israeliani. Ad ogni modo, Usa e Iran non sono ancora riuscitiLink esterno a creare i presupposti per un accordo definitivo che ponga fine alle sanzioni contro Teheran. Un rinvio a ulteriori colloqui è altamente probabile.

Si tenga poi conto del rapporto tra Netanyahu e il presidente Usa Barack Obama, ormai ai minimi storici. Giusto due mesi fa, Gerusalemme non ha graditoLink esterno le dichiarazioni della Casa Bianca, che si era detta pronta a collaborare con il discusso governo di unità palestinese, quindi anche con Hamas.

L'Egitto è l'unico intermediario in grado di far rispettare le condizioni di un cessate il fuoco, in particolare nella penisola del Sinai. Tuttavia, altri paesi più graditi ad Hamas sono interessati a svolgere lo stesso ruolo, vedi Turchia e Qatar. Il loro coinvolgimento è un'arma a doppio taglio. Dall'incidente della Mavi Marmara del 2010Link esterno i rapporti tra Gerusalemme e Ankara non sono buoni e Doha è un importante sostenitore di Hamas. Il loro coinvolgimento potrebbe creare ulteriore tensione tra l'organizzazione palestinese e Israele.

Per approfondire: La spirale infinita nel caos mediorientaleLink esterno

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