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Gli immunodepressi ai tempi del coronavirus

Quella del coronavirus è ormai una pandemia e tutti, o quasi, ora adottano le raccomandazioni dell'UFSP. Comportamenti che, per alcuni, fanno parte della quotidianità.

Questo contenuto è stato pubblicato il 25 marzo 2020 - 16:12
Fabio Dotti e Marija Milanovic, RSI News
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Non esistono dati sul numero esatto di persone affette da immunodeficienza in Svizzera. Solo statistiche che lasciano un ampio margine di interpretazione: stando al Centro Allergie Svizzera aha! "l’incidenza delle immunodeficienze non è nota con precisione. Secondo il tipo di difetto e l’origine, varia tra 1:10'000 e 1:500’000".

Ma... chi sono le persone che soffrono di difetti immunitari? Questi disturbi possono essere sia di origine genetica, sia svilupparsi in seguito a infezioni come AIDS o morbillo, o ancora, come nel caso dei nostri interlocutori, durante o dopo alcune terapie a base di immunosoppressori, citostatici (chemioterapia), corticosteroidi, ecc.

Durante quella che in poco tempo è ormai stata definita una pandemia (malattia a trasmissione rapida presente su tutti i continenti), proprio queste persone fanno parte delle categorie più a rischio. Loro stessi sanno proteggersi - forse meglio di chiunque altro grazie all’esperienza acquisita con la loro malattia - ma il problema risiede negli altri: in chi, come ci dicono Fabio e Roberto, si sente un supereroe ("Tanto a me il virus non fa niente!"), senza considerare che il contagio non è tanto pericoloso per loro, quanto per chi sta loro intorno.

La mancanza maggiore che si sente in questo momento, stando ad Andrea, Fabio e Roberto, è quella di responsabilità civile: chi, in baffo ai provvedimenti, esce di casa senza troppi scrupoli più volte al giorno, magari in gruppo, chi, in Francia, partecipa a raduni di Puffi da Guinness dei primati, chi compra mascherine e disinfettanti in preda al panico, non considerando chi di quelle mascherine ha veramente bisogno. Un’opinione condivisa anche da numerosi internauti...

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La speranza, passato tutto, è che l’umanità impari la lezione: "Il passato dovrebbe insegnare: spero che la gente capisca che queste cose capitano – e capitano a noi. Spero che non succederà più, ma se dovesse succedere di nuovo, [auspico che] la gente adotti prima determinate misure", dice Fabio. Più pessimisti, invece, Roberto – "Credo che alla fine di tutto questo rimarrà un po’ di timore (…) però credo che a lungo andare, se nei prossimi anni non ci sarà niente [di analogo] torneremo alle brutte abitudini di sempre" – e Andrea – "Se oltre 30 anni di HIV non hanno insegnato nulla alla popolazione mondiale (...), dubito che poche settimane di coronavirus possano insegnare qualcosa a qualcuno".

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